Fiabe immortali – Illustrazioni di Paolo Barbieri raccoglie racconti celebri, nelle loro traduzioni storiche, impreziosite appunto dai disegni dell’artista mantovano.
Pubblicato il 9 dicembre scorso da Sergio Bonelli Editore, il volume cartonato ha 128 pagine a colori in formato 22×30 cm ed è in vendita a 26 euro sull’e-shop della Bonelli, in offerta a 24,75 su Amazon.
La precedente edizione, intitolata solo Fiabe immortali e pubblicata nel 2014, era più breve (104 pagine) e con scelte differenti per i testi e le illustrazioni, copertina compresa.
Paolo Barbieri illustra con atmosfere e figure cupe e inquietanti fiabe e favole note e tramandate per secoli come Raperonzolo, La Sirenetta, Cenerentola, La Bella e la Bestia, Cappuccetto Rosso, Biancaneve e i sette Nani, La volpe e l’uva.
I testi delle fiabe dei fratelli Grimm sono stati tradotti da Antonio Gramsci, le opere di Charles Perrault sono stati tradotte da Carlo Collodi, le traduzioni per Hans Christian Andersen sono quelle di Maria Pezzé-Pascolato, per De La Fontaine sono state utilizzate le versioni di Emilio De Marchi, mentre Luca Crovi ha reso in italiano i testi di Esopo e – insieme a Paolo Barbieri – La Regina delle Nevi (meno nota ma fonte di ispirazione per il grande successo di animazione cinematografica Frozen).
Fiabe immortali
Quelli indicati come autori sono gli scrittori che hanno perfezionato e reso celebri racconti che si tramandavano – spesso in versioni differenti – da decenni, secoli o addirittura millenni. Per esempio per Cappuccetto Rosso, che apre il volume, viene utilizzato il testo di Jacob Ludwig Karl e Wilhelm Karl Grimm, il Rotkäppchen risalente al 1857 e proposto nella traduzione di Antonio Gramsci, ma ne esistono versioni di un secolo e mezzo prima, come quella di Perrault (Le Petit Chaperon Rouge).
Se la maggior parte delle illustrazioni insistono sull’aspetto inquietante delle creature e delle atmosfere, d’altra parte Raperonzolo/Petrosinella, proposta anche in copertina, è bellissima e realistica, benché avvolta dalla chioma lunghissima e fluttuante e affiancata da una farfalla luminosa, mentre un’algida e affascinante Biancaneve (già nella copertina dell’edizione del 2014) è quasi abbracciata dalla strega. I nani colpiscono per l’espressione e le rughe dei volti, mentre i principi sono particolarmente belli e aitanti, così come il cacciatore che salva Cappuccetto Rosso.
Il volume si apre proprio con la fiaba della piccola che va a trovare la nonna, sfidando la natura, il buio e il lupo, avvolta nella mantellina scarlatta: qui i disegni si concentrano sulla cupezza del bosco, resa in modo monocromatico con l’eccezione del rosso utilizzato per gli occhi fiammeggianti, le lanterne e il cappuccio della protagonista. È inquietante la stessa donna anziana che dovrebbe raffigurare la nonna. Il lupo è enorme, con gli occhi fiammeggianti, affiancato da creature mostruose.
La lepre e la testuggine, di Jean de La Fontaine (che nel 1668 ripropose la fiaba di Esopo), qui è tradotta da Emilio De Marchi: un testo dunque che adotta un italiano aulico del diciannovesimo secolo. Nell’illustrazione il protagonista sbruffone è ritratto come una donna con le orecchie da lepre. La testuggine è quasi antropomorfa: cammina su 4 zampe, ma fuma la pipa e traporta, oltre al guscio, valigie, scopa, anfora, il tutto legato con corde. Vediamo anche fate, rettili e anfibi.
Si prosegue con La volpe e l’uva: la favola di Esopo viene proposta nella versione di de La Fontaine tradotta da De Marchi. Nell’illustrazione una donna poco vestita e con tratti da volpe cerca di prendere un grappolo molto più grande della sua testa. Cromaticamente dominano le tinte rosse della pelliccia e dell’uva.
Raperonzolo viene proposta nella variante Petrosinella, realizzata da Giovanni Basile e pubblicata nel 1694 ne Lo cunto de li cunti (o Pentamerone). La fiaba Raperonzolo ha molte varianti, che secondo alcuni sono da considerare storie diverse unite dall’analogia della protagonista rinchiusa in una torre.
Tre paesaggi nebbiosi e oscuri vediamo la strega (“l’orca” in questa versione) e una torre poggiata sulla sagoma di una creatura alata: le uniche concessioni al colore sono per la treccia della protagonista, il sole e alcune piante. A Petrosinella – come viene spiegato – manca il finale, in cui il principe ritrova nel deserto l’amata in compagnia dei figli: la scena non è riportata dal testo ma la vediamo illustrata in due versioni, a matita e inchiostrata.
Segue La cicala e la formica, altro testo di Jean de La Fontaine ispirato da Esopo e qui nella traduzione di Emilio De Marchi (una prosa particolare, caratterizzata da rime non sistematiche). La favola è stata raccontata anche dai nostri Gianni Rodari e Trilussa. Nel volume, i due animali protagonisti sono raffigurati da donne con le fattezze del rispettivo insetto.
Arriva una delle fiabe più celebri, Cenerentola: il testo dei fratelli Grimm è tradotto da Antonio Gramsci. Anche in questo caso si tratta di un racconto popolare con origini antichissime: probabilmente la prima versione è la storia di Rodopi, citata dai greci Erodoto e Strabone come fiaba egizia (il faraone Amasis, protagonista della fiaba, è un personaggio realmente esistito).
Ne esistono centinaia di versioni nel mondo, in Occidente la prima è stata probabilmente di Giambattista Basile, La gatta Cenerentola, scritta in napoletano e ambientata nel Regno di Napoli, anch’essa inserita ne Lo Cunto de li cunti. Anche in questo caso esiste una versione di Charles Perrault precedente a quella dei Grimm.
Il testo di Gramsci comprende passaggi poco noti della fiaba di Cenerentola, come la prova della pulizia delle lenticchie per poter partecipare al ballo, il ruolo del nocciolo accanto alla tomba della madre della protagonista, il vestito per la festa consegnato da un uccellino, i dettagli truculenti come il taglio dell’alluce e del calcagno eseguito dalle sorellastre per far entrare la scarpetta – che in questa versione è d’oro e non di cristallo – nonché gli occhi beccati dalle colombe.
La fiaba è illustrata con i ritratti della protagonista, bellissima in abiti poco adatti al ballo con il principe, le sorellastre mentre si feriscono per far entrare la scarpetta, Cenerentola e il principe abbracciati e in sella a un unicorno.
È di Antonio Gramsci anche la traduzione della fiaba scandinava I tre giganti: al brevissimo testo si ispira Barbieri per un’illustrazione suggestiva in cui dalla gamba di uno dei giganti, illuminato alle spalle dal sole, nasce una cascata.
Barbablù è invece proposto nella traduzione di Carlo Collodi, certamente più noto come autore di Pinocchio. Scritta da Charles Perrault, la fiaba è stata pubblicata nel 1695 all’interno del manoscritto I racconti di Mamma Oca e due anni dopo nella raccolta Histoires ou contes du temps passé. Le intenzioni di Perrault erano pedagogiche, in particolare cercava di veicolare un ammonimento contro l’eccessiva curiosità, ma a divenire famosa fu la figura del sanguinario Barbablù, un nome accostato ai serial killer dell’epoca.
Molti racconti del libro partono a vicenda già in corso (dando per scontati fatti e personaggi), saltando fasi salienti della trama. Barbablù si interrompe molto presto, alla partenza del protagonista, prima dunque che la moglie apra la stanza proibita, ne scopra il terribile segreto e venga punita. L’illustrazione propone un’affascinante e triste moglie, oppressa da un enorme e minaccioso Barbabù, tormentata dalla curiosità per la stanzina misteriosa, di cui tiene in mano la chiave.
Per La regina delle nevi, di Hans Christian Andersen, la traduzione è di Luca Crovi e dello stesso Paolo Barbieri. Il racconto è noto anche come fiaba in sette storie, una delle quali ha ispirato, come detto, il film d’animazione Frozen: vengono riportati i testi della Prima storia, che tratta dello specchio e delle schegge (l’antefatto) e della Seconda storia – Un bambino e una bambina. Le illustrazioni mostrano il diavolo e il bambino abbracciato dalla Regina delle nevi.
La bella e la bestia è una fiaba con una storia antica e molte varianti: la prima dovrebbe essere Amore e Psiche, scritta da Apuleio, contenuta ne L’asino d’oro (o Le metamorfosi). La prima versione pubblicata dovrebbe essere quella di Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, del 1943.
Il volume propone il testo di Charles Perrault nella traduzione di Carlo Collodi, riportando solo i passaggi in cui la bestia punisce il furto della rosa e dove si presenta a Belle con il suo vero aspetto. Nelle illustrazioni, la bestia è simile a un drago, mentre i due giovani sono, ancora una volta, bellissimi.
Altro testo dei fratelli Grimm tradotto da Antonio Gramsci per Il re dei ranocchi. Nell’illustrazione, l’affascinante principessa guarda con sdegno un ranocchio antropomorfo nello stagno.
Per Il brutto anatroccolo, di Hans Christian Andersen, viene utilizzata la traduzione di Maria Pezzé Pascolato. Il testo riprende l’apertura, in cui il protagonista, appena uscito dall’uovo, sembra troppo grande alla mamma anatra, e il finale, in cui scopre di essere un cigno, si accetta, è felice ed apprezzato. Nella prima illustrazione, il piccolo si ritrova in mezzo ad alte, scure e severe figure che dovrebbero essere i suoi simili. Nella seconda, proposta in bianco e nero e a colori, il protagonista è un uomo con le ali da cigno e le piume in testa.
Seguono due testi di Esopo tradotti da Luca Crovi: ne Il vecchio e la morte, l’uomo che vuole un aiuto a portare il suo carico è sovrastato da una figura femminile alata e lugubre. Ne La rosa e l’amaranto, la prima è raffigurata come una donna con ampia corolla intorno al capo, il secondo è una testa femminile in trasparenza, attorniata dal fiore.
Si arriva così a quella che forse è la fiaba per eccellenza: Biancaneve è nota in particolare per il testo dei fratelli Grimm, che la pubblicarono nel 1812 ne Le fiabe del focolare. I due autori successivamente scrissero un’altra fiaba utilizzando un nome molto simile e dallo stesso significato: Schneeweißchen (anzichè Schneewittchen) und Rosenrot, Biancaneve e Rosarossa.
La fonte principale dei fratelli Grimm è stata la tradizione orale tedesca, ma sono state individuate influenze del già citato Giambattista Basile, vissuto quasi due secoli prima. I due fratelli hanno realizzato ben 7 versioni in meno di 50 anni, modificando il ruolo della madre (sostituita dalla matrigna) e smussando gli aspetti più disturbanti. La fiaba è nota anche come Biancaneve e i sette nani e, nella prima traduzione italiana, è stata chiamata Nevolina o Nevina (termine riportato nel volume).
Il volume riporta l’origine della bambina, la presentazione della regina (la quale in questa traduzione rinuncia alle rime e dice “Specchietto, specchietto alla parete, chi è la più bella di tutta la terra?” e “Specchietto, specchietto alla parete, chi è la più bella di tutto il mondo?”) per poi passare al ritorno a casa degli gnomi (anziché nani) che trovano una bambina sui loro letti e la lasciano dormire, per poi farle raccontare l’antefatto al suo risveglio, accogliendola e promettendole di non farle mancare niente (purché si occupi di tutte le faccende di casa, elencate minuziosamente).
Il racconto si chiude con il primo tentativo della regina, travestita da vecchia mercante, di eliminare Biancaneve/Nevina, stringendole molto forte il nastro sotto la gola. Non vengono invece citati i tentativi con il pettine e la mela avvelenati, così come il lieto fine.
Nelle illustrazioni a colori, gli gnomi sono molto meno rassicuranti rispetto ai nani dell’iconografia classica (orecchini, cicatrici, occhi deturpati e terzi occhi, innesti vari sul capo), inoltre vediamo la regina sia nel suo massimo splendore – ma con un’immagine spettrale nello specchio – sia nella versione spaventevole – probabilmente più rivelatrice dei suoi pensieri – alle spalle della protagonista. L’illustrazione a matita raffigura un’immagine intermedia dell’antagonista, travestita da anziana per ingannare Biancaneve.
Testo di Hans Christian Andersen e traduzione di Maria Pezzé Pascolato per I vestiti nuovi dell’imperatore, L’intrepido soldatino di stagno, La chiocciola e il rosario e le celebri fiabe La sirenetta e La piccola fiammiferaia. Nel primo caso l’illustrazione riguarda, naturalmente, la scena madre, quando l’imperatore nudo, pensa di sfoggiare una nuova e preziosa veste. Nel secondo, il ratto e il pesce incontrati dal soldatino nel rigagnolo e nel canale sono naturalmente enormi e spaventosi. A rischiarare la cupa illustrazione dei due giocattoli finiti nella stufa, gli occhi del soldato, la gemma della ballerina e i bagliori della combustione. Nel terzo racconto, l’illustrazione propone una chiocciola antropomorfa e una rosa dal volto umano.
Per La sirenetta, due illustrazioni, una più scura e una più colorata, rappresentano l’affascinante protagonista. Il testo passa dall’introduzione della protagonista, all’incontro con il principe, alla richiesta di aiuto alla vecchia maga: vediamo la sirenetta soccorrere il giovane, un ritratto della terribile antagonista attorniata da serpi e creature degli abissi, infine la sirenetta illuminata ed eterea.
Per La piccola fiammiferaia viene proposto il tragico finale, accompagnato da un’illustrazione dell’abbraccio tra la protagonista e la nonna.
Per Tremotino/Rumpelstilzchen, così come per Hansel e Gretel, il volume propone il testo di Jacob Ludwig Karl e Wilhelm Karl Grimm, nella traduzione di Antonio Gramsci. Nel primo caso, dove viene appunto usato il nome originale Rumpelstilzchen, l’illustrazione propone la furia del protagonista quando la regina indovina il suo nome. Nel secondo, i testo usa i nomi italiani Giannino e Ghitina e si parte dalla descrizione della casa della strega.
La prima illustrazione restituisce in monocromia il percorso oscuro dei due fratelli abbandonati, la seconda adotta i colori e un’inquadratura più ampia che comprende l’abitazione dell’antagonista. La seconda mostra il ragazzino intrappolato e la strega che chiede alla sorella di occuparsi della casa e dell’alimentazione forzata di Hansel/Giannino.
Il dio della guerra e violenza, fiaba di Esopo nella traduzione di Luca Crovi, viene illustrata con il pericoloso legame tra le due entità, rappresentate naturalmente come due bei giovani.
L’ultimo brano del volume è La bella addormentata nel bosco, nella “variante” Rosaspina, testo di Jacob Ludwig Karl e Wilhelm Karl Grimm, tradotta da Antonio Gramsci. Il testo si apre con i regali delle donne per la principessa appena nata. La tredicesima si lamenta di non essere stata invitata e annuncia che al compimento dei quindici anni la piccola si ferirà con un fuso e morirà. La dodicesima, che non aveva ancora potuto fare il suo regalo, mitiga la maledizione dicendo che la fanciulla cadrà in un sonno lungo 100 anni.
Malefica e le fate, indicate nel testo come “donne”, sono una figure bianche ed eteree. A dominare la scena vediamo il drago (sia in versione a due teste sia “vegetale”) e il castello avvolto dalla vegetazione durante il sonno centenario della protagonista.
Per le favole, particolarmente brevi, Barbieri sceglie di rappresentare i protagonisti non come animali ma come donne che ne hanno alcune fattezze. Stesso accorgimento per le due sequenze scelte per Il brutto anatroccolo. I pennelli del disegnatore tracciano paesaggi inquietanti, abbondando, a seconda del caso, con la luce o l’oscurità.
Per le fiabe più lunghe vengono scelti solo alcuni passaggi del testo integrale, dando per scontato il resto della trama: per la maggior parte delle fiabe, molto note, non è un grosso problema, in alcuni casi può complicare la fruizione del lettore meno esperto.
Il libro parte, come detto, da testi dettagliati, crudi e aulici rispetto a quelli che ricordiamo o cui siamo abituati. Una scelta che si accompagna bene allo stile e ai toni adottati da Paolo Barbieri: come anticipato, il disegnatore mantovano rende le scene ancora più cupe, spaventose, arricchendole di dettagli al limite del sovrannaturale: dalla deformazione e ingrandimento delle figure, al fiammeggiare degli occhi, all’inserimento di figure non presenti nella vicenda, come i rettili che compaiono nelle illustrazioni in Cappuccetto Rosso.
In coda alle fiabe, troviamo bozzetti, versioni a matita o già colorate delle illustrazioni di Paolo Barbieri (in alcuni casi pubblicate solo nell’edizione precedente o non utilizzate). Segue una postfazione dell’autore: Barbieri prima racconta la potenza evocativa di queste fiabe, che non si attenua variando un elemento della narrazione o il modo di illustrarle, poi spiega come rispetto alla prima edizione del volume ci siano nuovi disegni e, appunto, l’evoluzione che hanno compiuto dalla prima bozza alla pubblicazione. Prima dell’indice, il volume propone la biografia del disegnatore.
L’autore
Paolo Barbieri ha firmato numerose copertine per i libri di Michael Crichton, Ursula Le Guin, Ilaria Tuti, George R. R. Martin, Umberto Eco, Marion Zimmer Bradley, Herbie Brennan, Cassandra Clare, Laura Gallego García, Alberto Angela, Valerio Massimo Manfredi, Wilbur Smith. Nel 2001 ha diretto il reparto colori delle scenografie nel film d’animazione Aida degli alberi.
Nel 2011 è stato nominato Artist Guest of Honor di Lucca Games (primo illustratore italiano), con una mostra antologica nel Palazzo Ducale. Ha firmato i libri Creature del Mondo Emerso e Guerre del Mondo Emerso – Guerrieri e Creature, oltre a decine di copertine per i romanzi fantasy di Licia Troisi e per le serie Panini Comics ispirate alla sua saga. Altri libri illustrati pubblicati da Mondadori: Favole degli Dei, L’Inferno di Dante (ripubblicato nel 2021 da Bonelli editore), L’Apocalisse, Draghi e altri Animali, I Venti del Male. Per Oligo editore ha illustrato Draghi, Dirigibili e Mongolfiere – C’era una volta a Milano (racconto di Luca Crovi).
Per l’editrice Lo Scarabeo di Torino, ha illustrato Zodiac, Fantasy Cats, Unicorns, StarDragons, Night Fairies, Alice in Wonderland e il mazzo di Tarocchi Barbieri Tarot. Per Sergio Bonelli Editore, ha realizzato il fumetto Caduto dalla Luna (Dampyr color, La Cineteca del Mistero, 2022, testi di Mauro Boselli), le copertine per il Dylan Dog Color Fest n. 15, la cover “artist edition” del team up fra Dragonero e Conan Il Barbaro, nonchè i romanzi di Gea e Nathan Never.