In edicola dal 31/07/2024, Fuga da Golconda chiude la doppia storia iniziata con Stangata agli inferni. Il numero 455 della serie principale di Dylan Dog è stato scritto da Claudio Lanzoni e illustrato da Sergio Gerasi. Copertina, come sempre, dei Cestaro Bros.
Miniere di Sale di Golconda: il campo di lavoro dove sono confinati i peggiori aggregati organici dello spazio-tempo. Dylan Dog e gli altri reduci della rapina agli Inferni potrebbero rassegnarsi a trascorrere l’eternità tra le sue gallerie… oppure mettere in atto un audace piano di fuga, sfidando le regole di un mondo surreale in cui le uniche cose che contano sono tenersi la pelle addosso ed essere disposti all’estremo sacrificio per preservare un barlume di umanità!
Dylan Dog 455, Fuga da Golconda – Trama
Nel numero precedente, Kelly ha raccontato a Dylan Dog di avere nel seminterrato un telefono in collegamento con uno degli inferni in un altro piano di realtà. Ma qualcuno è convinto che contenga un caveau con i tesori di chi è morto senza eredi: l’Old Boy è stato costretto a partecipare al tentativo di svaligiarlo.
Rinchiuso in una cella di Golconda, Dylan Dog scopre che la pallina con cui gioca è senziente e si chiama Pugface. Intanto, i prigionieri vengono intimoriti dal Sovrintendente Kandinsky. L’indagatore dell’incubo incontra Boja, che sa del suo piano di fuga e, conoscendo le planimetrie del luogo, potrebbe essere utile.
Una vecchia conoscenza dell’Old Boy analizza i fascicoli dei quattro rapinatori e scopre che Hooker è sparito, mentre il “capo della banda”, Dylan Dog, ha accumulato parecchia documentazione. Materiale così disordinato da scandalizzare il funzionario, sempre alle prese con la burocrazia infernale.
In alcuni momenti di sonno, Dylan Dog ha la sensazione di tornare cosciente, nel seminterrato di Kelly. Grazie a un diversivo che distrae le guardie, la banda tenta la fuga in treno, a piedi, in motocicletta e sulla schiena di un’aquila. L’Old Boy torna al seminterrato e viene svegliato da Bloch.
La disavventura ultraterrena dell’indagatore dell’incubo è finita. Ma il telefono di Kelly suonerà ancora…
Sviluppo
Il racconto è arricchito da varie citazioni e omaggi artistici, da Kandinsky, a Mondrian, alla “non pipa” di Magritte, con cui Dylan Dog suggerisce che Golconda non sia un realtà ma un suo sogno. L’indagatore rafforza l’ipotesi prevedendo con precisione ciò sta avvenire nell’ufficio del sovrintendente.
Dylan Dog torna a Golconda, un luogo mitico, cui era dedicato il numero 41 della serie, pubblicato trent’anni fa (’ottobre 1994), scritto da Tiziano Sclavi e disegnato da Luigi Piccatto: un luogo isolato alla periferia di Londra in cui si aprì un portale dal quale creature inquietanti si riversarono nella metropoli portando caos e violenza. Dylan Dog andò invece nella Golconda indiana, dove trovò l’ingresso dell’inferno, dove si chiarì l’equivoco. Dylan chiuse il portale con un rito analogo a quello che lo aveva aperto.
La copertina dei fratelli Cestaro riprende quella nel numero 41, con gli uomini in bombetta fluttuanti, integrandola con Dylan Dog in fuga su una motocicletta. Citazione dal film La grande fuga (1963, regia di John Sturges), che viene omaggiato anche nella scena in cui Dylan Dog, da prigioniero, gioca con la pallina.
L’accostamento con The Great Escape è decisamente opportuno, visto che la storia doppia passa dall’heist movie del numero precedente a un classico (si fa per dire) racconto di evasione. Lanzoni mescola egregiamente gli elementi del genere con la mitologia di Dylan Dog, in particolare la surreale e talvolta spassosa Golconda, dove si alternano burocrazia esasperante, creature bizzarre, paesaggi da incubo e dinamiche terrene.
Convincenti le tavole di Gerasi: il disegnatore milanese non lesina dettagli o variazioni di stile quando occorre, utilizzando, ad esempio, il chiaroscuro per le scene nell'”aldiqua”.
Gli autori
Claudio Lanzoni ha firmato le sceneggiature di 4 albi della serie principale di Dylan Dog, tutte disegnate da Gerasi: Non con fragore…, …Ma con un lamento, Stangata agli Inferni e l’albo di questo mese.
Sergio Gerasi ha esordito nel mondo del fumetto nel 2000 con Lazarus Ledd (Star Comics), di cui ha disegnato 14 numeri. Ha realizzato inchieste a fumetti per programmi televisivi nazionali (in particolare Servizio Pubblico di Michele Santoro), mentre per Bonelli ha disegnato le serie Mercurio Loi, Cani Sciolti, Eternity, e l’albo L’ultima trincea, all’interno della collana Le Storie.
Attivo anche in altri ambiti artistici, Gerasi nel 2003 ha fondato il gruppo punk rock 200 Bullets, in cui suona la batteria e scrive i testi, e con il duo Formazione Minima porta sul palco spettacoli di teatro-canzone ispirati a Giorgio Gaber.
Per Dylan Dog Gerasi ha disegnato per la testata principale L’assassino della porta accanto, Gli spiriti custodi, Remington house, La macchina che non voleva morire, Oggi sposi, La lama, la Luna e l’orco, Anna per sempre, Albachiara, Non con fragore…, …Ma con un lamento, Anatomia dell’anima, numeri 307, 345, 360, 384, 399, 403, 404, 419, 436, 437, 448.
Sempre per l’indagatore dell’incubo, ha illustrato Il Principe d’inverno, in Almanacco della Paura n. 24, Nemico Pubblico n. 1, Una risata vi resusciterà e Una storia d’orrore, Speciali nn. 31, 34 e 37, Per pagare e per morire, Oldboy n. 4, Varie ed eventuali, Dylan Dog presenta : I Racconti di Domani n. 4.
Nel 2009 Gerasi ha realizzato con Davide Barzi il libro a fumetti G&G, dedicato a Giorgio Gaber, pubblicato da ReNoir Comics.
Come autore completo ha disegnato Le Tragifavole (ancora per l’editore delle trasposizioni di Don Camillo), volume che contiene l’omonimo album dei 200 Bullets, quindi, con Bao Publishing, In Inverno le mie mani sapevano di mandarino, Un romantico a Milano, premio Andrea Pazienza 2018, Drogo Colombo, infine, di recente, L’Aida (ancora per Bao).
Gerasi ha inoltre disegnato John Doe (Eura editoriale), Harry Moon (Planeta DeAgostini) e per diverse testate Star Comics: Nemrod, Cornelio – Delitti d’autore, Jonathan Steele, Trigger, Valter Buio e San Michele. Infine per Gribaudo ha illustrato Orange Chronicle, su testi di Tito Faraci.