Disponibile dal 29 dicembre, il numero 436 di Dylan Dog, Non con fragore…, è il secondo capitolo della trilogia che si collega ai recenti Color Fest e Speciale, ma soprattutto chiude in qualche modo il percorso di sperimentazione e ammodernamento iniziato nel 2013 sotto la guida di Roberto Recchioni.
Lo stesso curatore definisce la storia “una crisi dei Dylan Dog infiniti” (con riferimento al celebre crossover Crisis on infinite Earths che nel 1985 sconvolse il multiverso DC, divenuto troppo complesso, riconducendolo a un unico universo narrativo).
In questo numero, che per la prima volta lega il titolo a quella dell’albo successivo (… ma con un lamento), Dylan Dog affronta “la paralisi del sonno”: chi la patisce è immobilizzato e si vede aggredito da inquietanti creature d’ombra.
Dieci anni di esperimenti
Ripercorriamo quel che è successo all’indagatore dell’incubo negli ultimi 10 anni. Al timone del personaggio dal 2013, Recchioni aveva iniziato il nuovo corso con il numero 325, Una nuova vita: nel primo anno c’erano stata la revisione delle storie già in produzione e alcune modifiche formali, con copertine più iconiche e il passaggio dal “voi” al “lei”.
La seconda fase del rilancio era iniziata con il numero 337, Spazio profondo, una metafora fantascientifica delle vicende editoriali del personaggio: i cloni di Dylan Dog, che ne enfatizzavano singoli aspetti, rappresentavano i tentativi falliti di ridare vitalità al personaggio, l’astronave era la testata, i prigionieri i lettori. Da lì in poi, per ritrovarsi, occorreva distruggere per ricostruire: il personaggio deve perdere i punti di riferimento.
Nei numeri successivi vien introdotta una leggera continuity, cicli annuali di episodi autoconclusivi. Inoltre Groucho introduce lo smartphone ma soprattutto Bloch va in pensione e si trasferisce a Wickedford, dove ritrova Jenkins.
L’ispettore viene sostituito da Tyron Carpenter, che ostacola e tratta da ciarlatano Dylan Dog: fugge dal paranormale che vede nell’indagatore e non sopporta che, nonostante le apparenze, l’Old Boy risulti spesso innocente e fondamentale per risolvere il caso. Viene introdotta Rania Rakim, poliziotta musulmana con cui Dylan sviluppa un rapporto complicato.
Un nuovo antagonista prende di fatto il posto di Xabaras: l’imprenditore John Ghost, spietato proprietario dell’azienda tecnologica Ghost Enterprises, è in grado di dirigere gli eventi individuando all’interno del caos gli elementi su cui intervenire.
La terza fase è caratterizzata dal ciclo della meteora, in cui un oggetto celeste in rotta verso la Terra provoca strani avvenimenti sul pianeta. Al centro delle vicende, John Ghost, che continua a tramare ma ha bisogno dell’Old Boy:
“Un giorno non lontano, l’universo avrà bisogno del tuo sacrificio, Dylan. Ma quel giorno non è ancora arrivato e, fino ad allora, io devo vegliare su di te”.
Nel frattempo le altre testate del personaggio hanno acquisito una caratterizzazione più marcata: il Maxi è diventato il quadrimestrale Maxi Dylan Dog Old Boy, poi il bimestrale Dylan Dog Old Boy, che ospita storie del vecchio Dylan Dog. L’Almanacco della Paura è stato sostituito dal Dylan Dog Magazine, inizialmente dedicato alla nuova vita rurale di Bloch.
Lo Speciale ha ospitato fino all’anno scorso la saga distopica de Il Pianeta dei Morti. Il Color Fest è diventato ancora più sperimentale e l’Albo Gigante ha chiuso i battenti.
Il ciclo della meteora si chiude con i numeri 399 e 400, mettendo fine in qualche modo all’universo di Dylan Dog, che si ritrova in uno nuovo. Fa seguito in breve ciclo di reboot, che rivisita i primi numeri della testata per gestire i grandi cambiamenti del nuovo universo e riportare progressivamente il personaggio alle sue origini.
La restaurazione di Dylan Dog
Il curatore ha spiegato di recente che, dopo questi 10 anni di sperimentazioni e sconvolgimenti, Tiziano Sclavi, creatore del personaggio, ha scelto di riportare Dylan Dog a “una dimensione più ‘casalinga’ e consueta per i lettori”.
La trilogia che si è aperta con il n. 435, ideata Claudio Lanzoni, è sceneggiata dallo stesso Recchioni e da Barbara Baraldi: il curatore ha scritto il primo numero, con disegni di Giorgio Pontrelli, mentre la romanziera ha sceneggiato i numeri 436 e 437, disegnati da Segio Gerasi.
Il curatore spiega più dettagliatamente lo scopo della trilogia:
“sfare ordine nel caotico multiverso dylaniato, rimettendo al centro della scena gli elementi autentici & certificati di quello che potremmo definire come il ‘Dylan Dog originale’, togliendo di mezzo tutte quelle componenti spurie che nel corso degli ultimi dieci anni ci hanno portato in posti anche molto interessanti, ma, in alcuni casi, troppo lontani dallo spirito dei primi passi della serie, che diedero un volto e un carattere inconfondibile al nostro eroe.
Un ritorno alle radici, insomma, ma anche l’inizio di un nuovo viaggio che speriamo vi appassioni”.
I tre numeri si collegano a due recenti albi fuori esterni rispetto alla serie principale. Lo speciale ha sospeso la saga de Il Pianeta dei Morti per ospitare un racconto esplora il mito di Dylan Dog, approfondendo il passato di due personaggi storici della testata, fondamentale per la saga dello stesso Bilotta (l’esperimento di Esaù Hicks darà il via all’epidemia), e collegando il mondo infestato dai Ritornanti e a quello in cui ci affacciamo sul numero 435.
Il Color Fest invece, dove il protagonista si ritrova in una sorta di mondo Ikea, ha fatto in qualche modo da ponte tra il n. 399, ultimo del ciclo della meteora, prima del reboot, e il numero appena uscito in edicola.
Trama di Dylan Dog 436
L’albo si apre con una coppia – immaginaria? – aggredita durante il sonno da strane creature ombra. Dylan Dog viene contattato da Carol che gli chiede di indagare sul rapimento da parte degli alieni del suo amico Jesper Kaplan… la persona trovata morta dall’Old Boy all’Hotel Bramford nell’albo precedente: ma l’articolo di giornale riportante la notizia – che Dylan Dog vorrebbe mostrare a Karen come prova – è sparito.
Le foto ricevuta da Dylan Dog nel numero precedente erano state inviate da Karen, tramite un corriere stranamente simile all’Old Boy: sono state scattate da Jesper per dimostrare che gli alieni stanno modificando Londra e cancellando la memoria dei suoi cittadini. Kaplan temeva che il prossimo a sparire fosse Dylan Dog.
L’Old Boy va dalla dottoressa Heche, che aveva in cura Jesper: la donna gli spiega che la struttura è una clinica del sonno e che Kaplan soffriva di paralisi ipnagogica, il risveglio della coscienza durante la fase Rem del sonno, in cui il corpo è immobilizzato, oltretutto accompagnato da allucinazioni. Incubi che si somigliano in tutte le aree geografiche, pur venendo identificati in modo diverso: per Jesper si trattava di alieni.
La Heche invita Dylan Dog a partecipare all’osservazione notturna dei pazienti, rivelando di aver stimolato con appositi farmaci la nitidezza delle visioni e dunque il terrore provato. Catalizzati probabilmente dalla presenza dell’Old Boy, tutti i pazienti entrano in paralisi ipnagogica contemporaneamente.
Dylan Dog vuole mettere fine alla tortura, chiude nella stanza la Heche e i suoi assistenti e raggiunge quella dei pazienti, dove anche lui può vedere le creature ombrose, che lo aggrediscono.
A questo punto l’Old Boy perde conoscenza e, “accompagnato” dalla poesia di T. S. Eliot “Gli uomini vuoti”, si ritrova in un bosco, dove Rania Rakim sta cercando un uomo sospettato di aver rapito un bambino, Oliver Osment, di cui la madre sembra non ricordare l’esistenza.
Individuato un casolare dove potrebbe essersi nascosto il rapitore, Rania fa irruzione con la sua squadra e Dylan Dog. L’uomo, l’incappucciato visto dall’Old Boy nel numero precedente, uccide i poliziotti e fugge in auto: Rania viene investita dal veicolo. Dylan Dog incontra Oliver, che sembra più consapevole degli adulti di quel che sta succedendo.
Sviluppo
L’albo si divide nettamente in due parti, l’indagine sulle creature ombra e sugli esperimenti della dottoressa Heche, poi – dopo la poesia di T.S. Eliot che fornisce il titolo a questo numero e al successivo – quella nei boschi, dove incomincia l’eliminazione degli elementi spuri del mondo di Dylan Dog.
E il bambino Oliver, con i suoi disegni e le sue spiegazioni sulle cose che cambiano e non finiscono, risulta una metafora del curatore Recchioni che sancisce la fine degli esperimenti e riconsegna a Sclavi la sua creatura.
Torna il concetto di sincronicità, citato da Rania, che lo descrive come una catena di eventi legati da un nesso apparentemente casuale. Ed è proprio di Rania la teatrale uscita di scena di questo albo, dopo quella di John Ghost nel numero precedente: per evitare che Oliver venga investito dall’automobile guidata dall’incappucciato, la donna viene uccisa.
Ma lo stesso Oliver le spiega che “Ogni cosa sta tornando al suo posto”. E, quando Rania inizia a capire di essere morta, il bambino precisa:
“Sei semplicemente tornata al luogo cui appartieni… Quello non era il tuo mondo, e nemmeno il mio. Sei pronta a lasciarlo andare?”
Rimangono un po’ nebulosi diversi elementi:
- escludendo che si tratti di Jesper o di uno dei pazienti della Heche, chi è l’uomo che vediamo a inizio albo, e chi è la donna che è sua moglie “solo in sogno”? Tra l’altro, l’aggressione avviene alle 23.58 (orario in cui si ferma il tempo nell’albo precedente), ma al risveglio sono le 3.37
- la trama che include la cliente, gli alieni, le creature ombra che turbano i sogni e gli esperimenti della Heche, occupa metà dell’albo; era meramente funzionale a un collegamento con il Kaplan del numero precedente e al viaggio di Dylan verso lo spazio tempo della seconda parte, o verrà ripresa nella conclusione della trilogia?
- in particolare, gli alieni che vogliono cambiare Londra e cancellare la memoria dei londinesi sembrano una metafora di quello che accade all’universo di Dylan Dog, modificato e con elementi che vengono rimossi dalla memoria collettiva: saranno ripresi?
- l’incappucciato, in grado di spostarsi negli spazi bianchi tra le vignette, aveva una forte componente di metafumetto e sembrava anche una sorta di guida per Dylan Dog: ora sembra “solo” uno spietato serial killer, collegato al n. 435 più che altro dal ricordo di Dylan, in cui si evidenziano i “glitch”. Anche la sua strage di poliziotti – aldilà dell’eliminazione di Rania – è funzionale alla “pulizia” dell’universo narrativo?
Le ustioni trovare sul corpo di Jesper, citate da Karen e confermate dalla cartella clinica, sono prodotte da radiazioni che non ci sono sulla Terra ma solo nello “Spazio profondo” (storico numero metatestuale con cui si analizzava la situazione del personaggio e della testata, annunciando un nuovo corso: vedi paragrafo sui 10 anni di esperimenti).
Sono senz’altro apprezzabili le tavole di Gerasi, con disegni molto dettagliati, volti molto espressivi, lo stile che varia molto per adattarsi ai toni del racconto e alle diverse situazioni.
Il tema della memoria e in particolare del non essere ricordati ricorre con insistenza: l’uomo della prima sequenza dice di aver sognato di essere sposato una donna che non conosce neanche – ma giace senza vita ai piedi del letto – gli alieni cancellano la memoria, la sparizione dell’articolo su Jesper, un verso di Eliot, Dylan Dog non rammenta da dove arriva una volta giunto nel bosco e sente un forte dolore quando prova a ricordare, la madre non si ricorda di Oliver (e il bambino ne è consapevole).
L’albo del mese è una lettura intrigante, ma destano qualche perplessità gli elementi oscuri appena elencati, in particolare l’ampio spazio dedicato agli elementi iniziali. Il terzo capitolo, sempre scritto da Barbara Baraldi, oltre a far fuori Carpenter (se non c’è due senza tre), scioglierà i dubbi?
Gli autori
Barbara Baraldi ha scritto per la serie regolare di Dylan Dog i numeri 348, La mano sbagliata, 364, Gli anni selvaggi, 367, La ninna nanna dell’ultima notte, 385, Perderai la testa, 389, La sopravvissuta, 393, Casca il mondo, 407, L’entità, 417, L’ora del giudizio, 420, Jenny.
Sempre per l’indagatore dell’incubo: Il bottone di madreperla e Ballando con uno sconosciuto, numeri 9 e 20 del Dylan Dog Color Fest, infine La solitudine del serpente e Buongiorno tenebra, Dylan Dog Oldboy nn. 1, 8 e 15.
Autrice di romanzi thriller, Barbara Baraldi ha firmato inoltre Il regalo, n. 810 di Diabolik, 8 storie della serie Torture Garden per Edizioni Inkiostro, infine Nel nome del sangue, n. 5 di The cannibal family Book.
Sergio Gerasi ha esordito nel mondo del fumetto nel 2000 con Lazarus Ledd (Star Comics), di cui ha disegnato 14 numeri. Ha realizzato inchieste a fumetti per programmi televisivi nazionali (in particolare Servizio Pubblico di Michele Santoro), mentre per Bonelli ha disegnato la serie Mercurio Loi e l’albo L’ultima trincea, all’interno della collana Le Storie.
Attivo anche in altri ambiti artistici, Gerasi nel 2003 ha fondato il gruppo punk rock 200 Bullets, in cui suona la batteria e scrive i testi, e con il duo Formazione Minima porta sul palco spettacoli di teatro-canzone ispirati a Giorgio Gaber.
Per Dylan Dog Gerasi ha disegnato L’assassino della porta accanto, Gli spiriti custodi, Remington house, La macchina che non voleva morire, numeri 307, 345, 360 e 384 della testata principale, Il Principe d’inverno, in Almanacco della Paura n. 24, Nemico Pubblico n. 1, Speciale n. 31.
Nel 2009 Gerasi ha realizzato con Davide Barzi il libro a fumetti G&G, dedicato a Giorgio Gaber, pubblicato da ReNoir Comics.
Come autore completo ha disegnato Le Tragifavole (ancora per l’editore delle trasposizioni di Don Camillo), volume che contiene l’omonimo album dei 200 Bullets, quindi con Bao Publishing sia In Inverno le mie mani sapevano di mandarino sia Un romantico a Milano, premio Andrea Pazienza 2018, infine, di recente, L’Aida (ancora per Bao).
Gerasi ha inoltre disegnato per diverse testate Star Comics: Nemrod, Cornelio – Delitti d’autore, Trigger, Valter Buio e San Michele. Infine per Gribaudo ha disegnato Orange Chronicle, su testi di Tito Faraci.