“Adesso i londinesi hanno paura… del buio!”
Con il numero 409, Ritorno al buio (qui la recensione), ci eravamo imbattuti in un vecchio nemico, il temibile Mana Cerace, affrontato per ben tre volte dall’indagatore dell’incubo (numeri 34, 68 e Color Fest 3), ma mai definitivamente sconfitto. Il numero di settembre ci aveva lasciati con il fiato sospeso, ad assistere inermi alla scontro mortale tra l’uomo del buio e Dylan Dog, uno scontro di cui, però, non sapevamo l’esito. Con questo numero 410, La notte eterna, la storia va avanti e ci troviamo in una Londra dove regnano il buio e il panico e dove nessuno sembra sapere cosa fare.
Sono tanti i personaggi che tornano, a partire dall’ispettrice Diane Merrill, che già aveva cercato disperatamente di sconfiggere Mana Cerace (numero 68), a Kelly Walsh, vecchia cliente di Dylan (numero 34), fino a John Ghost, comparso per la prima volta nel numero 341, Al servizio del Caos. Ognuno di loro avrà un ruolo fondamentale nella storia, ma da che parte staranno?
Dylan Dog 410 – La notte eterna
Sulla copertina di questo numero, in uscita il 29 ottobre, Dylan Dog si libra sospeso tra le nuvole, sopra una città dai colori cupi. Nel cielo scuro che lo avvolge sorride maligno il volto di Mana Cerace. Il disegno, realizzato sempre da Gigi Cavenago, ci introduce nella storia e ci trasmette fin da subito una sensazione di inquietudine, che ci porteremo dietro per tutta la lettura.
In seconda di copertina abbiamo la pubblicità del numero 411, Il terzo giorno, in uscita il 28 novembre, i credits e le informazioni sull’acquisto degli arretrati. In terza di copertina troviamo un numero di Dylan Dog Old boy, contenente due storie inedite, uscito il 14 ottobre (qui la recensione). Infine, in quarta di copertina viene pubblicizzato Dylan Dog, Color Fest, con tre storie inedite, in edicola dal 6 novembre.
Nella prefazione Roberto Recchioni introduce brevemente Dylan Dog, a vantaggio soprattutto dei nuovi lettori, e presenta i disegnatori e lo sceneggiatore, rispettivamente Piero Dall’Agnol e Francesco Cattani e Claudio Chiaverotti, nomi che dovrebbero ormai suonare familiari agli appassionati di Dylan Dog. Dall’Agnol e Chiaverotti hanno collaborato in moltissime occasioni, dando vita a tante storie dell’indagatore dell’incubo, tra cui proprio quelle relative a Mana Cerace. Cattani ha invece realizzato i disegni degli ultimi tre numeri e si è occupato anche del graphic novel Luna del mattino e dell’albo L’uomo orizzontale di Mercurio Loi.
Prima di augurarci buona lettura, Recchioni ci consiglia, come sempre, un nuovo brano da ascoltare per immergerci completamente nella storia: Mr. Crowley di Ozzy Osbourne.
La trama di Dylan Dog 410 – La notte eterna
Londra è nel caos a causa di un blackout… Tutti i semafori sono spenti, il traffico è congestionato da ingorghi e incidenti, i vigili del fuoco sono subissati da chiamate di persone bloccate negli ascensori… E qualcuno sostiene di essersi trovato di fronte a una sorta di fantasma dalla voce sinistramente gracchiante… L’unico che sembra capirci qualcosa è proprio Dylan Dog e toccherà a lui trovare una soluzione. Avrà qualcuno al suo fianco ad aiutarlo? Mana Cerace avrà nuovamente la meglio?
Struttura
“La città è diventata il suo regno“. Con queste parole si era concluso il numero precedente e già con le prime immagini de La notte eterna capiamo che è proprio così. Un black-out ha fatto precipitare nel buio Londra, la città è completamente impazzita e con lei anche i suoi abitanti. La gente comincia ad aver paura e con la paura arriva inevitabilmente anche la violenza, l’isteria. In ogni strada si verificano aggressioni, saccheggi, risse.
Nessuno sembra sapere come fare, anche la polizia brancola nel buio (letteralmente) e l’unico che può intervenire è Dylan Dog, ma non senza l’aiuto di uno dei suoi più grandi nemici: il malvagio, quanto brillante, John Ghost, multimilionario e proprietario della Ghost Enterprises. Dylan ha bisogno di un qualcosa di molto particolare, che soltanto un genio come Ghost può procurargli: un sistema per catturare un’ombra. Il perché è semplice e basta canticchiare la vecchia e angosciante filastrocca per sapere che “soltanto può la luce ammazzar Mana Cerace!“.
Per capire dove e come colpirà l’uomo del buio, Dylan decide di indagare sul passato di Mana Cerace, quando era ancora umano e si chiamava Philip Crane. Arriva alla St. Katherine’s School, a Brentford, e si immerge nella lettura di vecchi registri scolastici, che raccolgono tutte le informazioni sul Crane adolescente, compresi i tanti disegni che faceva all’epoca, tutti spaventosi, agghiaccianti, intrisi di violenza e di orrore. Da una foto di classe e grazie a una vecchia compagna di Philip Crane, Kimberly Adams, rivive alcuni episodi del passato di Mana Cerace, un passato decisamente triste, privo di qualsiasi calore umano.
Quel che resta da capire è se Mana Cerace deciderà di vendicarsi dei tanti torti subiti da ragazzo o se invece deciderà di agire in grande e di colpire tutta Londra. Dylan, grazie al suo quinto senso e mezzo, sa dove andare e cosa fare e con l’aiuto prezioso di una vecchia amica, l’ispettrice Merrill, affronta per l’ennesima volta la creatura del buio, sempre più selvaggia e ormai inarrestabile.
Senza dire troppo per non fare spoiler, Dylan e Mana Cerace si trovano di nuovo faccia a faccia, in quello che sembra essere un altro duello all’ultimo sangue, forse l’ultimo. Ma anche stavolta le cose rimangono in sospeso… qualcuno di inaspettato accorre in aiuto di Mana Cerace e l’indagatore dell’incubo rimane, ancora una volta, sconfitto. Cosa succederà nel prossimo numero? Dylan riuscirà a uccidere la creatura, “ucciderla per sempre“, come gli fa promettere Diane Merrill?
Impressioni personali
Le riflessioni che avevamo fatto per lo scorso numero valgono anche per questo e di nuovo viene affrontata una tematica cara a tanti sceneggiatori di Dylan Dog: che cosa sia davvero il male e perché si diventi cattivi. Indagando sul passato di Philip Crane, soprattutto attraverso i raccapriccianti disegni, emerge la disperazione, la solitudine che impregnavano la vita del giovane Crane, una vita povera, senza alcun tipo di affetto, senza neanche un amico. Anche se appena accennato, si capisce come Crane sia nato e vissuto in una famiglia complicata, in una di quelle famiglie cosiddette “problematiche”, dove gli abusi e la violenza sono quotidiani.
Di nuovo quel che colpisce è il menefreghismo di chi lo circonda, primi tra tutti i professori, che si limitavano a bollare lo studente Philip Crane come “ombroso”, “chiuso”, a giudicare i suoi disegni come prodotti di un ragazzino un po’ strano e forse anche un po’ pazzo. E quando il Crane umano diventa Mana Cerace la creatura va alla ricerca di persone come lui, si fa forte delle paure degli altri, della solitudine che serpeggia nei cuori degli emarginati, di chi magari combatte da anni contro soprusi e violenze. Proprio come già dicevamo nella recensione del numero 409, Mana Cerace è proprio il simbolo di una società che non vuole vedere, di una “società cocainica“, dove chi va di fretta e ha successo sta sulla cima della piramide e chi invece rimane un po’ indietro viene buttato giù, senza pensarci due volte.
Un episodio in particolare della vecchia vita di Philip Crane mi ha colpito nel profondo. Crane si trova nel carcere di Dartmoor, un carcere dove i detenuti vengono trattati come animali e non si ha alcuna remora nell’usare trattamenti disumani e degradanti. Crane è in balia del dottor Caldweel, uno psichiatra che si approfitta della sua posizione per fare esperimenti sui prigionieri, sottoponendoli a estenuanti sessioni di elettroshock. Le immagini sono forti e anche se potrebbe sembrare un’esagerazione, dovuta a esigenze di sceneggiatura, per rendere la storia ancora più cupa, di fatto non siamo poi così lontani dalla realtà, e da alcune realtà in particolare, di paesi dove non ci si pensa due volte a mandare una persona sulla sedia elettrica.
Leggendo quelle pagine e osservando le immagini, sono tante le cose che mi sono venute in mente, primo tra tutti quello che è conosciuto come l’esperimento di Milgram, condotto nel 1961, e che forse più di tutti ci ha rivelato tante scomode (e preoccupanti) verità su noi stessi.
Penso che, sempre di più, sia importante riflettere su tutto questo, tanto meglio se a generare tali riflessioni sono anche fumetti o serie tv senza tante pretese e alla portata di tutti. Se anche leggere un fumetto o guardare una serie diventa un mezzo per fermarci a osservare e a riflettere su ciò che ci circonda e che spesso fa troppa paura, forse saremmo tutti un po’ più consapevoli di cosa ci accade intorno e forse riusciremmo anche a trovare i modi e le forze per intervenire.
Ultimo particolare degno di nota è il piccolo omaggio fatto a Leo Ortolani e al suo Rat-man: Groucho che dorme con un orso gigante di nome… Piccettino!