Se nel buio tutto tace sentirai Mana Cerace arrivar senza rumore con il passo del terrore!
Sguardo cieco e riso torvo, l’han sepolto e non è morto!
Uno, due, tre e quattro, ha gli artigli come un gatto!
Tre e quattro e cinque e sei, fossi in te io scapperei!
Sei e sette e otto e nove, vorrei tanto essere altrove!
Ma se… il buio ancora dura possiam solo aver paura, ché soltanto può la luce ammazzar Mana Cerace!
Uno due, due e tre questa volta tocca a te, quattro cinque, cinque e sei è la morte proprio lei.
Dylan Dog 409 – Ritorno al buio
Mana Cerace, circondato da colori cupi e opprimenti, domina la prima di copertina realizzata da Gigi Cavenago. Il cosiddetto “assassino del buio”, con un sorriso maligno in volto, si trova alle spalle di Dyaln Dog e stringe tra le sue mani la testa dell’indagatore dell’incubo. Il volto della creatura è anonimo, sembra fatto di solo odio e di nient’altro, niente pelle, niente ossa, niente di niente, solo malvagità e cattiveria. Così è e sarà anche in questo numero Mana Cerace, simbolo del male nel mondo e del pericolo che si cela negli angoli più bui della Terra.
In seconda di copertina abbiamo la pubblicità del numero 410, La lunga notte, in uscita il 29 ottobre, i credits e le informazioni sull’acquisto degli arretrati. In terza di copertina troviamo un numero di Dylan Dog Old boy, contenente due storie inedite, uscito il 13 agosto. Infine, in quarta di copertina viene pubblicizzato lo speciale Dylan Dog, Il pianeta dei morti – La grande consolazione, in uscita dal 23 settembre.
Nella prefazione Roberto Recchioni introduce brevemente Dylan Dog, a vantaggio soprattutto dei nuovi lettori, e presenta il disegnatore e lo sceneggiatore, rispettivamente Piero Dall’Agnol e Claudio Chiaverotti, nomi che non suoneranno nuovi ai vecchi fan di Dylan Dog e che abbiamo imparato a conoscere fin dal numero 34, Il buio, uscito nel 1989. Chiaverotti ha scritto in seguito moltissimi numeri di Dylan Dog, affiancando per un certo periodo Tiziano Sclavi e continuando poi la serie anche senza di lui, accompagnato spesso proprio dai disegni di Dall’Agnol.
Recchioni ci anticipa poi la storia, che riprende tre vecchi numeri di Dylan Dog (come detto prima: 34, 68, Color Fest 3), e, come sempre, prima di augurarci buona lettura ci consiglia un nuovo brano da ascoltare, andando a pescare nella discografia di Alice Cooper: Prince of Darkness.
La trama di Dylan Dog 409 – Ritorno al buio
Affrontato per ben tre volte da Dylan Dog, ma mai definitivamente sconfitto, torna Mana Cerace. A chiedere l’aiuto dell’indagatore dell’incubo è Jeremy Badland, figlio di una delle tante vittime dell’uomo del buio, insospettitosi dopo la brutale uccisione di un collezionista di reperti appartenuti al serial killer Philip Crane. In seguito all’omicidio è sparito l’oggetto con il quale si era suicidato Crane, colui che si era successivamente trasformato in Mana Cerace, scomparso da tempo dopo essere stato trafitto dalla luce. Toccherà a Dylan investigare e capire cosa si nasconda stavolta nel buio. Riuscirà a sconfiggere definitivamente Mana Cerace?
Struttura
Siamo a Brentford, piccolo distretto di Londra, in una giornata di tanti anni fa, quando Philip Crane, efferato serial killer, era solo un adolescente incompreso e mal visto da tutti i suoi coetanei. Si presenta davanti a lui un “essere cattivo“, un uomo dal volto scarno e dagli occhi spiritati, che si rivolge così a Crane:
“Lo sai anche tu ragazzo, si vede dai tuoi occhi. Tu hai il buio dentro, e quell’oscurità non ti abbandonerà mai“.
Con questo incontro inizia il declino di Philip Crane, sempre più violento, sempre più brutale e sempre più spietato e, accompagnati nella lettura dalla terribile filastrocca su Mana Cerace, arriviamo al momento della sua incarcerazione e del suo suicidio in cella, quando, per sfuggire alla prigionia e iniziare una nuova vita votata esclusivamente al male, si apre la gola con un pezzo di ferro.
La storia fa poi un salto in avanti e si arriva ai giorni nostri, dove un gruppo di fanatici e assassini si raduna regolarmente per invocare il ritorno dell’uomo del buio. I volti di questi personaggi, resi a meraviglia dai disegni di Dall’Agnol, appaiono freddi e impassibili, espressione di un grande vuoto interiore che mai è stato colmato dall’amore di un’altra persona, ma solo dall’odio e dall’indifferenza degli altri. Odio, quindi, che provoca odio, solitudine che crea altra solitudine e di cui si approfitta Mana Cerace che, da incubo spaventoso, diventa per questi quattro individui una speranza, un modo per sfuggire al dolore che hanno affrontato nella vita, per allontanare da sé vecchi traumi mai risolti:
“L’idea di lui ci ha dato coraggio, quand’eravamo soli nel buio, ognuno a modo suo…”
Una scelta di sceneggiatura interessante, che sottolinea ancora una volta come cattivi non si nasce, ma si diventa, spinti da ciò che ci circonda, dalle esperienze che facciamo e dall’ambiente in cui viviamo (vedi anche Dylan Dog 407, L’Entità).
E’ qui che entra in scena Dylan Dog, chiamato a investigare sul ritorno di Mana Cerace, uno dei suoi più grandi nemici, incontrato così tante volte, ma mai sconfitto: “Oggi niente stupidaggini, Groucho e nei prossimi giorni tieni sempre accese le luci di casa!“. Senza entrare nei dettagli per evitare spoiler, le ultime venti pagine del fumetto sono adrenalina pura, uno scontro all’ultimo sangue tra l’indagatore dell’incubo e l’Incubo stesso. Una battaglia, però, di cui non sappiamo l’esito; infatti, con una chiusura ad anello, la storia si interrompe con la ormai nota filastrocca e con la promessa che Mana Cerace è ritornato ed è qui per te:
Impressioni personali
Come sempre succede leggendo un nuovo numero di Dylan Dog, anche con Ritorno al buio ci immergiamo non solo in una storia, ma anche in tante riflessioni, che sorgono spontanee sfogliando le pagine del fumetto. Mana Cerace è un personaggio di per sé interessante e unico, quello che potremmo considerare il padre di tutti i mali, il vero Incubo con la I maiuscola, quel demone pronto a uscire nei momenti più cupi della nostra esistenza, quando ci sentiamo soli e incompresi, quando non abbiamo più speranze e fare del male, a noi o agli altri, ci sembra l’unica soluzione possibile.
Come dicevo poche righe fa, è curioso vedere come si è deciso di ritrarre i quattro assassini. Nonostante la storia non sia ovviamente incentrata su di loro e nonostante non tutti siano fondamentali per la trama, si lascia comunque un po’ di spazio per parlare di loro, del loro passato e di cosa, per anni, hanno dovuto subire in silenzio, che siano violenze fisiche, che siano violenze verbali o semplici parole di scherno. I quattro personaggi sono individui fondamentalmente soli, che hanno conosciuto un solo mondo e una sola realtà: quella della violenza. Non sono “esseri cattivi”, come invece lo è la creatura all’inizio della storia, sono soltanto persone.
Mana Cerace diventa così, invece che simbolo della delinquenza, della depravazione, della follia e della cattiveria di chi arriva a compiere atti turpi, simbolo di una società che preferisce emarginare invece che aiutare, di una società dove chi ha paura o chi è più debole è da schiacciare e non da salvare e dove si preferisce ignorare la sofferenza piuttosto che affrontarla.
Prendendo a esempio il nostro Dylan Dog e la sua passione per le citazioni, concludo così, con una frase di George Bernard Shaw, che bene riassume il messaggio di fondo di questa nuova storia: “Il peggior peccato verso i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza; questa è l’essenza della disumanità“.