Il numero 406, L’ultima risata (qui la recensione), ci aveva lasciati tramortiti, incredibilmente tristi per la morte di quello che ormai era diventato un amico, ma anche felici per il ritorno di un vecchio compagno che ci era mancato terribilmente, Groucho. Con il numero 407, L’Entità, si torna indietro nel tempo, alle origini, quando Dylan Dog era un semplice indagatore dell’incubo che si occupava di casi sì oscuri, ma “canonici”, come ci dice Recchioni nella prefazione. Un bel salto all’indietro che però non dispiace e ci fa un po’ riassaporare il vecchio Dylan, il vecchio Groucho e le vecchie storie. Ma andiamo con ordine.
Dylan Dog 407 – L’Entità
In prima di copertina troviamo Dylan Dog e Groucho, illuminati da due lune e un sole, che sovrastano altre due figure, una donna nuda e un demone, con due lunghe corna e due immense ali grigie. Il disegno di Gigi Cavenago riassume alla perfezione la storia e anticipa il significato di fondo che si annida tra le pagine di questo nuovo numero.
In seconda di copertina abbiamo la pubblicità del numero 408, Scrutando nell’abisso, uscito il 29 agosto, i credits e le informazioni sull’acquisto degli arretrati. In terza di copertina troviamo due numeri di Dylan Dog Old boy, ognuno con due storie inedite, uno uscito il 13 giugno (qui la recensione) e l’altro il 13 agosto. Infine, in quarta di copertina vengono pubblicizzati Daryl Zed – Il cacciatore di mostri, altro personaggio nato dalla fantasia di Tiziano Sclavi, e il nuovo Color Fest di Dyaln Dog, uscito l’8 agosto, con tre nuovissime storie a colori.
Nella prefazione Roberto Recchioni introduce brevemente Dylan Dog, a vantaggio soprattutto dei nuovi lettori, e presenta il disegnatore e la sceneggiatrice, rispettivamente Corrado Roi e Barbara Baraldi. Recchioni ci anticipa poi la storia, ispirata in parte a grandi film horror come L’Esorcista e Cannibal Holocaust, e, come sempre, prima di augurarci buona lettura ci consiglia qualche brano da ascoltare (cosa che apprezzo sempre moltissimo): la cover di Spider Baby dei Fantômas e All the Kings degli Editors.
La trama di Dylan Dog 407 – L’Entità
Un’avvenente e giovane ragazza, Berenice, da anni è perseguitata da una strana maledizione, da una presenza terribile e mortale che la segue dalla nascita e che uccide qualsiasi uomo le si avvicini. Più passano gli anni più la situazione si fa complicata per Berenice, sempre più convinta che l’Entità maligna voglia possederla. Presa dalla disperazione, la ragazza decide di rivolgersi all’unica persona che può effettivamente aiutarla e che, soprattutto, può crederle: Dylan Dog. Con l’aiuto dell’indagatore dell’incubo le cose cominciano a farsi più chiare e antiche maledizioni, creature mitologiche diaboliche e il misterioso e turbolento passato della madre di Berenice si intrecciano tra di loro, fino a portare alla verità. Una verità, però, che non ha niente di rassicurante.
Struttura
Con la prima pagina veniamo catapultati nella periferia di Londra, in una notte di qualche anno fa, una notte particolare, quella di Ognissanti, quando si dice che i morti risorgano dalla tomba e camminino sulla terra. L’atmosfera, dunque, è cupa fin da subito, ma a farci rabbrividire ancora di più sono tanti piccoli dettagli: corvi neri che volano gracchiando intorno alla casa, tuoni, fulmini che spaccano le pietre, strani rumori e oggetti che volano. Un perfetto intro da film dell’orrore insomma. La protagonista di queste prime pagine è Berenice adolescente, che proprio quella notte dovrà assistere a uno spettacolo spaventoso, che tenderà a ripetersi negli anni.
La storia fa poi un balzo in avanti e si arriva ai giorni nostri, con Berenice seduta su una poltrona dentro lo studio di Dylan Dog, al numero 7 di Craven Road. Seguono i soliti scambi tra Dylan e il cliente di turno, viene raccontata una storia e la ragazza fa una bizzarra richiesta all’indagatore dell’incubo:
“Nessuno può amarmi, sono condannata a vivere nella paura, nella solitudine, almeno fino a quando… fino a quando sarò ancora vergine! In poche parole, ti sto chiedendo di essere la mia prima volta, Dylan Dog”.
Davanti a un Dylan perplesso la cliente continua il suo racconto, macabro, terribile, angosciante:
“Tutto quello che so è che da anni faccio un sogno ricorrente… mi trovo in un luogo esotico e, attorno a me, ci sono alcune donne che sembrano pronte a compiere un rituale. Loro mi parlano, ma senza aprire la bocca… e mi dicono sempre la stessa cosa: che non devo cedere all’entità o il mondo precipiterà nelle tenebre”.
Dog, navigato com’è, sa già dove cercare e tira fuori un vecchio libro, Tribes of the moon, che parla di tribù, riti ancestrali, sacrifici di sangue e strane credenze, tutte collegate a un potente spirito malvagio, l’Angelok, che si diceva si nutrisse del sangue delle vergini.
A questa scoperta ne seguono tante altre, sempre più spaventose e di tempi sempre più remoti. Senza entrare nei dettagli per evitare eclatanti spoiler, Dylan e Berenice si troveranno ad affrontare l’Angelok e, per l’immenso piacere di tutti noi fan storici, tornano finalmente due delle battute più belle e vecchie di sempre: “Groucho… la pistola!“, “Eccola, capo!“.
Con una guerra che è a tutti gli effetti una battaglia tra bene e male ci si avvicina alla conclusione del numero 407 di Dylan Dog, ma prima di chiudere il fumetto incontriamo un altro personaggio a cui siamo molto affezionati, Bloch, custode di tutte le storie in cui si imbatte Dylan.
Impressioni personali
Dylan Dog non è bello solo per le storie, che sono sempre più che godibili e spesso molto “adrenaliniche”, ma è bello anche perché con ogni numero, con ogni avventura ti insegna qualcosa di nuovo e ti fa riflettere su tante cose. Grande tema di questo numero è lo scontro tra il Bene e il Male, la scelta che noi esseri umani dobbiamo fare quotidianamente tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, il libero arbitrio.
Negli ultimi mesi ho approfondito alcune delle teorie di uno dei padri della criminologia, Cesare Lombroso, tra cui le più famose, come quella del delinquente nato o dell’atavismo. Sarà per questo che L’Entità mi ha fatto anche riflettere su una delle questioni più dibattute nel campo della psicologia e, in particolare, della criminologia: l’uomo nasce criminale o sono l’ambiente, la famiglia, le scelte che fa a condizionare la sua vita e il suo modo di essere? Dylan Dog prova a rispondere a tutte queste domande, cerca di approfondire ognuno di questi temi e lo fa con la poeticità che contraddistingue l’indagatore dell’incubo fin dal primo numero.
Dylan è un forte sostenitore del libero arbitrio, della libertà di scelta dell’uomo, che possiede la forza di contrastare e cambiare il suo destino. Proprio su questo si scontra duramente con Aisha, la sacerdotessa del popolo di smeraldo, fermamente convinta che niente si possa fare contro quello che è già stato scritto. Dylan le dà una risposta laconica: “Hai mai notato che anche le persone che affermano che tutto è già stato scritto e che non possiamo far nulla per cambiare il destino, si guardano intorno prima di attraversare la strada?“.
Le sue convinzioni sull’esistenza del libero arbitrio vanno ad intrecciarsi con la questione che abbiamo sollevato poche righe fa: nasciamo cattivi o lo diventiamo? Il caso di Berenice sembrerebbe indicare che malvagi nasciamo e malvagi rimaniamo, nonostante i nostri sforzi. Ma, più ci avviciniamo alla fine, più ci rendiamo conto che forse non è proprio così.
“Il demone vuole farti credere che che sei sua… ma è una menzogna! Tu sei figlia dell’amore di tua madre… Siamo noi a scegliere cosa vogliamo diventare!”
E saranno proprio le parole di Dylan a cambiare il corso della storia e a far sì che Berenice faccia una scelta, giusta o sbagliata che sia, ma sempre una scelta, che sia solo sua.