Demon Slayer: Infinity Castle è senza dubbio uno degli eventi anime più importanti del 2025. Il film, primo di una trilogia che concluderà ufficialmente la trasposizione animata del manga di Koyoharu Gotouge, non è solo uno spettacolo visivo straordinario, ma anche una miniera di riferimenti nascosti, simbolismi e collegamenti al manga e al folklore giapponese.

Alcuni sono sottili, altri più evidenti, ma tutti contribuiscono a rendere l’esperienza ancora più ricca per chi conosce bene l’universo narrativo di Kimetsu no Yaiba.
Ecco tutti gli Easter Egg più significativi presenti in Demon Slayer: Infinity Castle.
1. Kiriya Ubuyashiki: un passato già raccontato nei fanbook
Molti pensano che Kiriya compaia per la prima volta nel film, ma in realtà era già apparso durante la Selezione Finale sul Monte Fujikasane. La sua identità è chiarita solo nei fanbook ufficiali, dove viene spiegato che gli eredi maschi del clan Ubuyashiki vengono cresciuti come donne fino ai 13 anni, a causa della fragilità fisica che colpisce la loro stirpe.
Il suo aspetto androgino è un richiamo diretto a questa tradizione, mentre i capelli neri lo distinguono dalle sue sorelle.
2. La tecnica di Doma era già stata suggerita
Durante l’incontro tra le Lune Superiori nella serie anime (Hashira Training Arc, ep. 8), le lampade si spengono con una luce blu all’arrivo di Doma. Questo è un indizio visivo della sua Arte Demoniaca del Sangue: la Criocinesi, rivelata pienamente solo nel film.
Inoltre, il suo palazzo all’interno del castello è privo della tipica illuminazione demoniaca, immerso in toni blu e simboli di loto: un richiamo al Buddhismo e alla sua falsa immagine di figura spirituale.
3. Zenitsu e l’addio al suo maestro Jigoro
In una scena intensa, Zenitsu si trova vicino a un fiume mentre comunica con il suo defunto maestro. Questo elemento non è casuale: il fiume rappresenta il Sanzu, confine tra vita e morte nella mitologia giapponese. Jigoro, che si era promesso di compiere seppuku se Nezuko avesse mai attaccato un umano, appare simbolicamente oltre il confine, segno del suo sacrificio.
4. La spada di Kaigaku è fatta… di Kaigaku stesso
Anche se sembra usare una classica nichirin, in realtà Kaigaku combatte con una spada creata con la sua carne demoniaca. Questo è stato rivelato nel fanbook ufficiale: Kaigaku, pur diventando un demone, ha voluto mantenere l’identità di spadaccino.
Non padroneggia però la Prima Forma del Respiro del Tuono, l’unica utilizzata da Zenitsu. Questo dettaglio suggerisce la sua instabilità tecnica e spirituale.
5. Murata e il suo Respiro dell’Acqua
Murata, personaggio secondario già noto, torna in scena combattendo con il Respiro dell’Acqua. Ma a differenza di Tanjiro o Giyuu, le sue tecniche non hanno effetti visivi, perché – secondo una nota del manga – solo i maestri riescono a proiettare l’illusione visiva delle tecniche respiratorie.
Murata ha appreso tutte e dieci le forme, ma da un maestro diverso da Urokodaki, e il suo livello è visibilmente inferiore.
6. Il passato oscuro di Kaigaku e il Legame con Gyomei
Nel combattimento con Zenitsu, appaiono dei flashback di Kaigaku da umano in un tempio. Si tratta proprio del tempio dove viveva da orfano con Gyomei Himejima, il Pilastro della Roccia.
Kaigaku è il ragazzo che, violando le regole, uscì di notte, attirò un demone e causò la morte di tutti gli altri bambini. Questo evento, presente in un extra del volume 17, è ciò che segnò profondamente Gyomei, ignaro del tradimento per via della sua cecità.
7. Akaza e il tributo nascosto a Koyuki
L’Arte Demoniaca di Akaza mostra una rosa dei venti con forma di fiocco di neve, simbolo legato alla sua promessa sposa Koyuki, che indossava un fermaglio simile. Anche i nomi delle sue tecniche, ispirati ai fuochi d’artificio, sono un riferimento al momento speciale passato con lei prima della tragedia.
Questo dimostra che Akaza conserva ancora tracce della sua umanità, rifiutando anche di nutrirsi di donne.
8. Il haori di Akaza ha un significato profondo
Il motivo quadrato sul suo haori non è una semplice decorazione, ma un simbolo preso dal gioco dell’incenso giapponese Sanshuko, e si traduce con “Neve su una vetta solitaria”. Un riferimento poetico e doloroso alla perdita di Koyuki, la cui influenza è rimasta impressa nel cuore di Akaza, anche dopo la trasformazione in demone.
Conclusione
Demon Slayer: Infinity Castle non è solo una bomba visiva e narrativa, ma un’opera piena di stratificazioni e richiami simbolici.
Dalle tradizioni giapponesi alle citazioni del manga originale, ogni dettaglio è pensato per premiare gli occhi più attenti.