Continua la nostra avventura a Gotham City, attraverso i volumi riproposti da Panini Comics per celebrare l’uscita di The Batman al cinema; dopo Batman – Il Film del 1989 è oggi il turno di un altro classico del Crociato Incappucciato, seppur più recente, ovvero Cosa è successo al Cavaliere Oscuro?, di Neil Gaiman e Adam Kubert.
Come avvenne negli anni ’80 con Cosa è successo all’Uomo del Domani? Di Alan Moore (di cui riecheggia il titolo), si tratta di una storia particolare, fuori dalla timeline canonica in cui Neil Gaiman dà una propria rilettura dell’Uomo Pipistrello, libero da qualsiasi vincolo editoriale.
L’occasione per cui fu scritta, su richiesta dell’editor Dan DiDio, coincise con la chiusura del ciclo di Batman e Detective Comics che durava ininterrottamente dagli anni ’40, per cui Gaiman si ritrovò a scrivere quello che lui stesso definisce l’ultima di tutte le storie di Batman.
Questa particolarità impose allo scrittore britannico una riflessione; del resto se doveva scrivere una storia “definitiva” su uno dei supereroi più amati di sempre, si sarebbe dovuto trattare di qualcosa destinato a rimanere tale anche dopo eventuali morti e resurrezioni di Batman.
Del resto Batman è un sopravvissuto, è e sarà eterno. Quindi la sua storia dovrà essere leggibile anche tra 10 anni come 50.
Ne consegue quindi una rilettura estremamente personale della leggenda Dc Comics, in cui Gaiman applica la sua poetica già emersa chiaramente in Sandman, per tramite di Morfeo, e basata interamente sulle responsabilità di ognuno di noi, in ultima analisi.
Questo concetto, come vedremo tra poco, si incastra alla perfezione in Cosa è successo al Cavaliere Oscuro? e più in generale a Batman stesso.
L’ultima di tutte le storie
In Cosa è successo al Cavaliere Oscuro? veniamo trasportati nel momento più brutto di tutta la carriera di Batman: il suo funerale.
Dunque scopriamo da subito che Batman è morto e sul retro di un bar, il cui barista è Joe Chill (l’assassino dei coniugi Wayne), amici e nemici si riuniscono per vegliarlo e commemorarlo.
E’ proprio questo il fulcro della storia intessuta da Gaiman: il ricordo. Con Batman al nostro fianco, che assiste al suo funerale, percorriamo una serie di elseworld in cui alcuni tra gli astanti raccontano di essere stati presenti alla morte dell’eroe e riferiscono il tragico momento.
Proprio qui emerge un cambio di paradigma nella figura di Batman, ed è sempre qui che emerge il concetto di responsabilità tanto cara a Gaiman.
Batman non è più mosso dalla vendetta, non solo: Batman fa quello che fa perchè non potrebbe altrimenti, è nella sua stessa natura.
Ed è una natura che asseconda in maniera perfettamente conscia, fino alle estreme conseguenze.
Ripete sempre lo stesso schema comportamentale, nonostante venga talvolta dissuaso da altri eroi, perchè si identifica con Gotham City e ne è il custode. Sacrificarsi per la città, anche solo per una persona, morire in maniera platealmente eroica o in un vicolo buio per mano di un delinquente da quattro soldi per lui è la stessa identica cosa.
E’ quasi lo stesso concetto già espresso in Sandman che Neil Gaiman ripresenta in Cosa è successo al Cavaliere Oscuro? per cui non si può cambiare la propria natura, nemmeno davanti alla propria fine.
Scompare del tutto il dualismo tra Bruce Wayne e Batman, con il secondo che cannibalizza il primo riducendolo al silenzio totale.
Elemento interessante, che avevamo già intravisto sempre in Sandman quando sia Superman che Batman sono presenti ad un altro funerale, quello di Morfeo.
In quell’occasione Superman si presenta come Clark Kent mentre Batman è in costume; ne deriva che il kryptoniano abbraccia la sua identità terrestre e civile come vera essenza, mentre Wayne ha fatto della propria missione la sua vita.
Nel corso della storia quindi assisteremo più volte alla morte di Batman, in situazioni più o meno assurde, per mano dei suoi storici nemici o a seguito di un vero e proprio sacrifico, e quasi ogni volta il Cavaliere Oscuro morirà “in piedi”, ricordandoci che la sua è una missione. Anzi di più, una crociata, come ci ricorda il titolo originale.
Il tutto, sotto lo sguardo sbalordito di Batman e di una misteriosa donna, si ripete fino a quando l’eroe (e noi con lui) ha un’epifania che gli fa capire come potrà morire ogni giorno, in ogni linea temporale ed in ogni universo ma è destinato a tornare sempre e comunque.
E’ il finale più coerente con l’idea di rinascita che aveva la DC, ed è il finale più coerente con una volontà, quella di Batman, più forte della morte stessa.
Segnali di stile
Ad affiancare Neil Gaiman nel racconto di questa storia così peculiare troviamo un figlio d’arte: Andy Kubert.
Figlio del grandissimo Joe e fratello dell’altrettanto capace Adam, Andy Kubert si forma presso la scuola di comics del padre e inizia la sua carriera in DC, per dedicarsi in pianta stabile alle serie dedicate agli X-Men. In Cosa è successo al Cavaliere Oscuro? torna a collaborare con Gaiman dopo Marvel 1602b e ancora una volta mette tutta la propria abilità al servizio della storia che si dipana pagina dopo pagina.
Infatti, Kubert asseconda la prosa di Gaiman e ci propone delle splendide reinterpretazioni di Batman, passando da Finger ad Adams a Sprang con la disinvoltura tipica di chi sa fare il proprio lavoro, con ottimi risultati passando da atmosfere Camp ad ambienti dark, tipici delle epoche che si sono succedute nella lunga carriera editoriale del personaggio.
Il volume Panini
Nel riproporre il classico di Gaiman, Panini Comics ha pubblicato un cartonato del tutto identico alle uscite precedenti che oltre alla storia che da il titolo al volume contiene una raccolta di schizzi preparatori di Kubert e altre 4, interessanti, storie che Gaiman ha scritto su Batman.
Quella che emerge sicuramente, anche per l’idea inconsueta, proviene dalle pagine di Batman Black & White e ci mostra Batman e il Joker come se le loro avventure fossero una serie TV per cui i due prima di entrare in azione ripassano il copione e si scambiano convenevoli da colleghi.
Nelle altre storie invece il Pipistrello non è presente è Gaiman si dedica ai suoi nemici: Poison Ivy e L’Enigmista in modo particolare, con cui intrattiene una sorta di dialogo\confessione nel tentativo di carpirne (e capirne) l’essenza e le motivazioni che li hanno spinti sulla via del crimine.