È di pochi giorni fa la notizia che la corte distrettuale di Tokyo ha giudicato l’ex presidente Tsunehisa Katsumata e i due vicepresidenti Sakae Muto e Ichiro Takekuro non colpevoli.
I tre dirigenti in questione facevano parte della Tepco (Tokyo Electric Power), società che gestiva l’impianto di Fukushima, e vennero accusati di negligenza per non avere adottato misure adeguate per prevenire il disastro nucleare avvenuto nel marzo 2011, quando si verificò una scossa di terremoto di magnitudo 9 con successivo Tsunami e ci fu una fuga radioattiva di grandi proporzioni. Nell’incidente della centrale morirono 44 persone, inclusi i pazienti che erano stati costretti a evacuare da un vicino ospedale, nonché le lesioni subite da 13 persone.
Per questo motivo, è stata chiesta una pena definitiva di cinque anni per tutti gli indagati. I tre dirigenti si sono sempre dichiarati non colpevoli, sostenendo che l’evento dello tsunami non era prevedibile e che i crolli si sarebbero comunque verificati, anche mettendo in atto misure preventive. L’accusa, però, sosteneva la colpevolezza, in quanto alcuni studi interni della società dichiaravano che con un terremoto di magnitudo 8.3 si sarebbe potuta fermare un’onda di 15.7 metri. Nel 2008 vennero approvati i piani per queste misure di sicurezza, ma nello stesso anno fu messo tutto in pausa per paura di affrontare grosse spese e, soprattutto, per timore che la centrale fosse percepita come poco sicura.
Il giudice Kenichi Nagafuchi ha dichiarato che:
“Sarebbe impossibile gestire una centrale nucleare se gli operatori fossero obbligati a prevedere tutte le possibilità di uno tsunami e ad adottare le misure necessarie“.
In seguito alla sentenza, la Tepco ha dichiarato che è:
“consapevole della sentenza […] e si asterrà dal commentare la causa penale”
“sincere scuse a tutte le parti correlate, in particolare ai residenti della Prefettura di Fukushima, per aver causato grossi problemi e ansia”