Oggi parleremo di Angel Beats (Enjeru Bītsu!), serie animata realizzata dalla P.A. Works e Aniplex, diretta da Seiji Kishi con Na-Ga come character design, composta da 13 episodi totali. La storia originale è stata creata da Jun Maeda che si occupa anche della sceneggiatura, nonché fondatore della casa di produzione visual novel Key, famosa per aver prodotto Clannad, Air e Kanon. L’anime è stato trasmesso per la prima volta in Giappone nel 2010, vantando anche due OAV, un finale alternativo di ben 2 minuti e una visual novel. In Italia è trasmesso su Neflix.
La storia ruota intorno ad Yuzuru Otonashi, un ragazzo che si sveglia improvvisamente in una scuola superiore dell’aldilà, una specie di purgatorio, senza alcun ricordo della sua vita passata. Qui, gli studenti imparano ad abbandonare ogni esperienza legata alla loro vita passata, con il solo ed unico scopo di reincarnarsi scomparendo da questo strano mondo. Otonashi, ritrovatosi inconsciamente in questo strano luogo, incontra subito Yuri Nakamura, una ragazza armata di cecchino che lo invita ad unirsi alla brigata SSS, da lei capitanata, e a combattere contro Dio e una ragazza che loro chiamano Tenshi (di cui suppongono sia un angelo, nonché alleata di Dio). Il ragazzo tuttavia, dubbioso, va a parlare con quest’ultima (contro la quale Yuri sta puntando il cecchino), ricevendo però una pugnalata dritta al cuore (ma solo perché è lui ad averla chiesta). Da quel momento, iniziano per Otonashi una serie di bizzarre avventure contro Tenshi al seguito della brigata SSS con graziosi colpi di scena, drammaticità e una sfrenata ricerca dei suoi ricordi e del motivo per cui infine si trova lì.
Impressioni personali
Angel Beats si presenta al pubblico come una commedia drammatica, che da una parte ci farà ridere di gusto per l’eccentricità dei suoi personaggi e le bizzarrie da loro compiute, ma dall’altra ci farà riflettere, soffrire insieme ai personaggi, piangere con loro, vivere in prima persona la drammaticità delle loro vite. Grande merito dell’opera è infatti quello di alternare momenti allegri e divertenti con altri più cupi e tristi senza farlo pesare o sembrare forzato. I disegni sono ben atti e anche le OST fanno la loro parte per rendere quest’anime un piccolo capolavoro.
I protagonisti hanno dei caratteri psicologici molto ben definiti che ti fanno affezionare a loro, specialmente nelle ultime puntate, anche se purtroppo per alcuni di loro non sarà possibile valutarne l’essenza a causa del mancato sviluppo narrativo nel corso della trama.
Il doppiaggio è da manuale: i doppiatori riescono a trasmettere anche la più piccola emozione che i personaggi provano nel corso delle puntate.
Molti si sono lamentati della brevità della serie, ma credo che sia stato meglio così per evitare puntate inutili o che la trama, dopo un po’, prendesse pieghe indesiderate e noiose. Per le soundtrack trovo che si adattino perfettamente alla storia e che siano state messe nei momenti giusti. Menzione speciale va alle canzoni della band “Girls Dead Monster” della brigata SSS, ma soprattutto a “Ichiban no Takaramono” che (a mio parere) è la canzone più commovente di tutto l’anime. Pecca tuttavia notevolmente come abbiamo accennato poco fa, sulla trama stessa della storia, poco dettagliata e al quanto incasinata, tralasciando alcune logiche fondamentali seminando riflessioni incomprensive sopratutto sul finale.
Angel Beats dunque, è un anime impregnato di un pensiero prettamente ateo, che pone inconsciamente lo spettatore in una posizione di riflessione sull’esistenza di un Creatore, senza imporre alcun tipo di visione religiosa. Ma l’opera non si ferma qui, non si limita a porre delle domande e a lasciare lo spettatore senza risposte, perché l’opera pone una riflessione anche sul senso della vita, sugli obiettivi che ciascuno si pone di raggiungere e su quanto ogni essere vivente si impegni nel vivere la vita nel miglior modo possibile. Per questo motivo infatti, la vita non va rinnegata anche se finita nel peggiore dei modi, perché ognuno ha combattuto, ha sofferto, è caduto e si è rialzato, questo è fondamentalmente il messaggio principale che arriva allo spettatore