Nel mondo dei fumetti, in special modo di quelli provenienti da oltreoceano, i supereroi sono tanti, forse anche troppi, e nonostante le oltre sette decadi di letteratura supereroistica a fumetti che abbiamo alle spalle come genere umano, le nuove proposte non mancano mai. Esse arrivano da ogni tipo di autore, sia esso ai primi disegni o un veterano del balloon.
È quest’ultimo il caso di Adventureman, un’opera tutta nuova creata da una schiera di scrittori e artisti navigati: Matt Fraction, Terry Dodson e Rachel Dodson, i quali hanno già lavorato insieme sceneggiando e disegnando diversi cicli di storie per la serie Uncanny X-Men a fine anni 2000.
Il Volume 1, cartonato, edito in lingua originale da Image Comics e portato in Italia da Saldapress, raccoglie i primi quattro capitoli del fumetto, in precedenza pubblicati singolarmente in formato comic book spillato, ed è disponibile per l’acquisto già dal 24 giugno. Noi di iCrewPlay Anime abbiamo già fornito una panoramica sommaria dell’opera qui.
Adventureman: “La fine e tutto ciò che succede dopo”
Questo è il sottotitolo dell’opera, che campeggia in copertina leggermente defilato sotto il logo di Adventureman, il quale (lo avrai già capito) è il nostro protagonista: un individuo che viene definito a più riprese come geniale e che fa la propria comparsa ad una trentina di vignette dall’inizio del volume. Anche la fisicità del nostro eroe non lascia dubbi: ci troviamo davanti all’ennesimo energumeno integerrimo che dà del filo da torcere all’ennesimo scienziato pazzo o maniaco del potere. Una conclusione, questa, che viene smentita dopo pochissime pagine di lettura.
Dopo una brusca e a tratti confusionaria presentazione dei sei comprimari di Adventureman ed un concitato ed altrettanto arzigogolato scontro tra essi e i loro arcinemici, guidati dal Barone Bizzarre (sì, sembra anche a me il nome di un villain anni ’30) in una New York che in effetti ricorda molto quella post-crollo del 1929 (ciò spiega molte cose).
Sul più bello, quando la battaglia a colpi di mazzate ed esplosioni sotto uno stormo di zeppelin sta per concludersi ed Adventureman sta per essere giustiziato con un colpo alla testa, la scena si sposta di getto su Claire Connell e suo figlio Thomas, che stanno leggendo insieme un romanzo che narra ciò che finora ci è stato mostrato in forma di fumetto.
Ebbene sì, finora abbiamo praticamente ‘letto insieme’ a quello che è un altro personaggio focale, una ex-poliziotta newyorchese dei giorni nostri con un passato nebuloso alle spalle che da questo momento in avanti andrà incontro ad una serie di fatti bizzarri che sembrano legati a doppio filo con ciò che legge riguardo ad Adventureman.
Disegni americanamente perfetti e finezze narrative da romanzo
Ciò che colpisce di più di Adventureman non è certamente lo stile grafico, il quale è piuttosto tipico dei fumetti americani e non propone molte innovazioni, sebbene dal tratto traspaia la maestria di Terry Dodson, che si è occupato dei disegni nella loro interezza (tranne per quanto riguarda l’inchiostrazione, opera della moglie Rachel).
A saltare all’occhio del lettore sono alcune interessanti scelte stilistiche che coinvolgono il modo di parlare, o meglio di sentire, di alcuni personaggi, a partire dalla protagonista (perché, per molti versi, anche lei è protagonista) Claire. Lei è infatti parzialmente sorda a causa di un non meglio specificato incidente su lavoro e si aiuta grazie all’utilizzo di due apparecchi acustici che spesso toglie, o comunque spegne, per isolarsi a livello uditivo dal mondo esterno, complice la propria passione per la lettura, cui il silenzio giova molto.
La semi-sordità di Claire è resa magistralmente dall’opacizzazione del testo di alcuni balloon, che riesce nel compito di trasporre l’intensità del suono a livello visivo, favorendo l’immedesimazione e inducendo nel lettore una maggiore sospensione d’incredulità. Una simile ma non uguale tecnica è stata utilizzata dal fumettista serbo-francese Enki Bilal in Freddo Equatore, ultima opera appartenente alla sua Trilogia Nikopol, edita dal 1981 al 1992, in cui fa parlare il protagonista con parole alla rinfusa o sbagliando volutamente le consonanti onde simulare la confusione mentale di cui egli è preda.
I personaggi, buoni o cattivi che siano, sono tanti, eterogenei e caratterizzati, per quanto, come anticipato, presentati piuttosto frettolosamente. È pur vero che, non trattandosi di un’opera autoconclusiva, ci sarà tempo per conoscerli meglio nei prossimi volumi.
Nell’orchestrare la trama, Matt Fraction sembra aver seguito alla lettera un mantra dell’arte narrativa: ‘un autore non deve mai scoprire immediatamente tutte le proprie carte!‘ L’applicazione sistematica di questo principio unita alla natura metanarrativa di Adventureman rende l’opera una lettura abbastanza complessa e da gustare in maniera cadenzata onde coglierne ogni sfumatura e riflessione proposta.
Esistenzialismo ed amore per la lettura
Forse sono questi i due temi più preminenti dell’opera, la quale è focalizzata proprio sul piacere di leggere. Gli stessi Claire e Thomas, come anticipato, sono due accaniti bibliofili e questo primo volume si può dire che ruoti completamente intorno ad una serie di libri (meglio non scendere nei dettagli onde evitare spiacevoli spoiler). Inoltre ci sono dei momenti di riflessione sulla narrativa in generale.
Accanto a questa passione procedono su binari paralleli riflessioni di tipo esistenzialistico, intriso di una spiritualità che è più facile da cogliere qualora si conosca il sostrato filosofico dietro la religione ebraica (non a caso, la famiglia di Claire rispetta lo Shabbat giudaico a causa della fede della sua defunta madre).
Si dà il caso che nelle Scritture ebraiche e nella ricca letteratura che le succede e le commenta ricorra spesso un imperativo categorico che accompagna, o perlomeno dovrebbe accompagnare, l’agire di ogni ebreo praticante. Esso è “Zakhur!“, vale a dire “Ricorda!“, e proprio il ricordo di chi è scomparso sarà insieme il problema e la soluzione nel corso degli eventi narrati nel fumetto.