Julia Kendall è probabilmente la più famosa criminologa d’America ed in quanto tale viene coinvolta per lo più in crimini di una certa rilevanza, molto spesso violenti.
Talvolta, tuttavia, il personaggio creato da Giancarlo Berardi si trova in avventure dai toni più leggeri, anche scanzonati come nel caso delle tre storie contenute nel volume L’arte del furto, di cui ti parlerò oggi.
Come suggerisce il titolo, i crimini su cui Julia e il tenente Webb si troveranno ad investigare ricadono sotto la fattispecie del furto; furti compiuti e furti da compiere, talvolta per arrivare alla soluzione del caso.
Ed è qui che entra in scena il vero protagonista dei tre racconti, ovvero Tim O’Leary: ispirato nelle fattezze all’attore Cary Grant si tratta di un ladro gentiluomo, ma solo nei modi dato che i proventi dei suoi reati vanno a rimpinguare le sue tasche e non quelle di improbabili bisognosi.
O’Leary, personaggio ricorrente nella serie, nutre un interesse romantico nei confronti di Julia che al contrario, essendo spesso oggetto di inganno, diffida dell’affascinante delinquente pur avendo con lui un rapporto di amicizia. L’abilità di Tim nei furti e la sua profonda conoscenza delle tecniche più avanzate lo porta spesso a diventare una risorsa per l’FBI e le forze di polizia, spesso con l’aiuto della stessa Julia.
L’arte del falso
La prima delle tre storie del volume, porta con se una riflessione filosofica sul falso e sulla falsificazione nell’arte, che diventano il motore della vicenda narrata.
“Se niente è autentico, non si può falsificare niente” è quanto dichiara il critico e mercante d’arte Derek Watts poco prima di venire investito da un’automobile lanciata a tutta velocità. Su un marciapiede.
Trattandosi inevitabilmente di omicidio, emergono i primi dubbi sull’effettiva onestà del critico che, secondo il capo della “squadra artisti” Peabody, potrebbe essere implicato in un traffico di opere d’arte false.
Quale miglior occasione, per Julia, di coinvolgere proprio Tim O’Leary? Considerato che le indagini sono destinate ad arenarsi inesorabilmente, la sua conoscenza del sottobosco criminale di Garden City potrebbe essere indispensabile per capire chi si nasconde dietro la morte di Watts.
Purtroppo, quel qualcuno non gradisce le attenzioni di O’Leary e in breve gli manda incontro un comitato di benvenuto dal quale il ladro riesce a sfuggire grazie alla sua incredibile agilità e al sangue freddo sviluppato in anni di attività.
Dall’omicidio dell’unica persona che aveva accettato di parlare con Tim, diventandone in un certo senso l’informatore (senza averne tuttavia il tempo), agli inquirenti appare evidente che ci possa essere dietro qualcosa di più grosso di un traffico di opere false portato avanti dal solo Watts; tutti gli indizi portano ad una vera e propria rete criminale, di dimensioni molto ampie gestita dal consolato di un paese molto lontano.
E’ proprio dentro il consolato, situato su una apparentemente inespugnabile torre, che andranno cercati gli indizi: tocca a Julia e Tim penetrare nelle sue stanze con un ingresso alla Mission Impossible, da far svenire i deboli di cuore come Peabody.
Ma il rischio viene ricompensato, dalla conferma di quanto ipotizzato e dall’arresto di tutti i colpevoli, avvenuto al momento opportuno prima che per i due protagonisti le cose si mettessero male.
Il Manoscritto K
La seconda storia del volume è molto interessante e parte da un interrogativo che gli studiosi di letteratura si sono posti abbastanza spesso: considerato che Kafka scrisse La Metamorfosi a più riprese e con varie stesure, è possibile che esista un manoscritto originale?
Nel mondo di Julia questo manoscritto esiste ed è collegato a quello che apparentemente sembra un incidente ma si rivela un omicidio: John Baumann, precipitato mentre stava sistemando la tenda sul balcone, quache giorno prima aveva provato a piazzare la prima versione del racconto di Kafka tramite un antiquario.
Qui la storia si intreccia con quella di Nuovo Mondo, una sedicente organizzazione terroristica e anarchica che vuole rovesciare lo Status Quo attuale, senza tuttavia avere piani per il futuro.
Per seguire questa traccia Julia e O’Leary, stavolta ingaggiati dall’FBI volano in Europa e più precisamente in Svizzera alla ricerca dell’unico membro di Nuovo Mondo di cui conoscano l’identità: Hans Daecher, che si presenta come un ricco uomo d’affari.
Secondo il Bureau, l’uomo rientrato in Svizzera con un passaporto falso, avrebbe portato con sé il manoscritto con l’intento di venderlo ed acquistare della droga con cui avviare un traffico per finanziare il gruppo terroristico.
L’improbabile coppia, sotto copertura e talvolta utilizzando dei travestimenti, si trasferisce quindi nel Canton Ticino per entrare in contatto con l’alta società locale, con Daecher e scoprire dove si trova il manoscritto.
Sfruttando tecniche all’avanguardia e il consueto sangue freddo, Tim scopre che Daecher tiene in casa qualcosa che può tornare utile alla loro ricerca e con l’ennesimo colpo da maestro ottiene la chiave della cassetta di sicurezza che contiene il manoscritto, che viene rubato e torna in America nelle mani dell’FBI.
Il furto del secolo
L’ultima storia del trittico è altrettanto interessante anche se presenta un ritmo meno rocambolesco e più improntato all’investigazione.
Al museo di Garden City, dove si trovava per una mostra, viene rubato un Van Gogh: ma mentre polizia e mass media vanno alla ricerca dei professionisti autori del furto del secolo, la colpevole è l’insospettabile donna delle pulizie.
La ragazza, dimostrando un animo sensibile, ha rubato il quadro perchè i colori le trasmettono serenità e quindi vuole ammirarlo anche a casa.
Nessuna intenzione di venderlo, motivo per cui siamo difronte al furto virtualmente perfetto e impossibile da scoprire. Stavolta neppure le conoscenze di O’Leary riusciranno a fare luce sulla vicenda, se non stabilendo che il furto non è stato commesso da profesisonisti.
A cambiare le carte in tavola, ci pensa il fidanzato della giovane ladra, più interessato al contante che non all’arte; per questo motivo cercherà di vendere l’opera, mettendo a rischio sé stesso e la sua fidanzata.
Ma, come vuole la tradizione, tutto finisce bene, con l’opera recuperata e la giovane che avendo già avuto la sua dose di punizione, viene compensata da Julia con un’ottima copia del quadro.
Segnali di Stile
Gli autori delle tre storie, Luigi Pittaluga e Federico Antinori sono, come da tradizione Bonelli, praticamente intercambiabili.
In entrambi i casi siamo in presenza di uno stile molto realistico, con disegni precisi e particolareggiati e i personaggi che richiamo le controparti reali.
Del resto trattandosi di una serie molto longeva, anche Julia ha dei canoni stilistici da rispettare e che devono accompagnare le storie di Giancarlo Berardi che sono molto accurate e precise sia dal punto di vista antropologico che poliziesco.