Il nome David Robert Jones probabilmente non ti dirà nulla, mentre sicuramente conoscerai David Bowie, lo pseudonimo con cui il cantante britannico è entrato nella storia della musica, diventando uno degli artisti più celebri, popolari e amati di sempre.
Ma David Jones non è stato solo Bowie: una personalità poliedrica non poteva rimanere confinata in sè stessa e quindi ecco succedersi negli anni personaggi ormai eterni e altamente spettacolari come Ziggy Stardust o il Duca Bianco, maschere controverse e talvolta criticate che Bowie indossava e faceva diventare dei veri e propri alter ego.
E’ proprio sul periodo di Ziggy Stardust, durato all’incirca dal 1972 al 1975, che si concentra il fumettista tedesco Reinhard Kleist nelle circa 150 pagine che compongono il suo Starman.
The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars
E’ in effetti con il titolo dell’album del 1972 che potremmo sintetizzare gran parte del contenuto di Starman; all’interno del suo graphic novel, Kleist ci racconta gli anni da Ziggy Stardust di Bowie, con il raggiungimento della fama mondiale, alternandoli e flashback in cui assistiamo alla formazione del giovane David Jones.
Le due sezioni si alternano in maniera regolare, con l’autore che ha scelto di colorare integralmente le scene ambientate nel presente di Ziggy Stardust mentre i flashback sono ricoperti da una patina vintage color ocra\seppia.
Interessante è la presenza, lungo la storia, di una figura che assiste alla vita di Bowie come spettatore e che in quanto tale la commenta e la giudica: si tratta di un astronauta che può essere tanto Major Tom quanto lo stesso Bowie che analizza il suo cammino come in The man who save the world, parlandone con il lettore pagina dopo pagina.
In queste tavole assistiamo al percorso che ha portato David Bowie al successo, passando dalla scoperta del Jazz e del Rock, grazie al fratellastro Terry (di 10 anni più grande) che lo introduce al mondo della musica e lo appoggia nei primi anni, in cui il talento di sassofonista del futuro Bowie comincia ad emergere.
Dopo un periodo di alterne fortune, come parte di band quali i Kon-rads, finalmente per il giovane David Jones arriva la prima occasione grazie al manager Ken Pitt che pur, risultando in definitiva poco abile ed efficiente lo accompagna nella trasformazione in David Bowie, nel primo di tanti cambi di look e sarà il produttore della prima, grande hit di David Bowie: Space Oddity, che uscita con tempismo perfetto nel 1969, verrà addirittura utilizzata dalla Nasa per accompagnare il lancio dell’Apollo 11 che atterrerà sulla Luna il 20 luglio del 1969, appena 9 giorni dopo l’uscita della canzone.
E’ soltanto il prologo di quello che avverrà nella vita di Bowie con l’ingresso di Tony Defries che, pur non essendo uno stinco di santo e agendo soprattutto per interesse personale, si convince a primo impatto di essere davanti ad un artista di sicuro avvenire e successo e lo finanzia e appoggia nella scalata alla conquista del mondo.
Se David Bowie è la mente dietro Ziggy Stardust, è grazie a Defries che il personaggio viene creato e diventa realtà; è il manager, insieme all’allora compagna di Bowie a spingerlo ad osare sempre di più, a “diventare” Ziggy Stardust, ad abbracciarne androginia, bisessualità e presenza etera ma sempre colorata e forse troppo avanti per i tempi.
In realtà, come scopriremo alla fine, Bowie ad un certo punto si sente prigioniero della sua creatura; con una sorta di conflitto perenne con Ziggy Stardust che sembrerebbe quasi voler prendere il controllo cancellando il vero Bowie.
Anche se in realtà è attraverso il suo personaggio che il cantante riuscì a dare sfogo alla sua personalità sopra le righe, alla sua bisessualità e più in generale a tutti quei comportamenti all’epoca particolarmente stigmatizzati dalla società.
Nel periodo newyorkese di Bowie, il cantante conosce e finanzia insieme a Defries con la MainMan altri due nomi importanti della scena rock come Lou Reed e Iggy Pop, due importanti presenze per il Duca Bianco, a costo di contrarre debiti sempre più importanti con la conseguenza (cui non assistiamo nel volume) che il rapporto tra Bowie e Defreis si interromperà in maniera brusca con l’agente accusato, a pieno titolo, di aver sfruttato il cantante introitando la gran parte dei guadagni e accollandogli viceversa gran parte del debito.
Il culmine della storia narrata da Kleist è proprio nella presa di coscienza che Ziggy Stardust e la sua missione sono giunti al capolinea e pertanto lo strano essere dai capelli rossi deve sparire dalle scene: licenziati, con un coup de theatre, i componenti degli Spiders from Mars durante l’ultimo concerto, il cantante darà fuoco a tutti i costumi di scena, trasformandosi nel suo secondo alter ego più famoso, che lo contraddistinguerà negli anni successivi, ovvero il Duca Bianco.
Segnali di stile
Reinhard Kleist per il suo Starman sceglie una doppia colorazione, di cui già ti ho parlato, da affiancare ad uno stile sporco con un tratto a volte pesante particolarmente adatto ad un ambiente ricco di spettacolarità in cui le pulsioni sessuali, le droghe e le esperienze estreme la fanno da padrone.
I disegni riescono comunque a non diventare grotteschi mantenendo un certo realismo nelle fisionomie dei protagonisti che denotano un attento studio del materiale d’epoca, specialmente quando si parla dei concerti e dei costumi sfoggiati da Bowie.
Molto riuscite le sequenze in cui la storia lascia spazio alle parole di pezzi memorabili tra cui ovviamente Space Oddity. Impossibile non sentire la voce di Bowie cantare, e impossibile non cantare noi stessi in omaggio ad una leggenda della musica che ci ha lasciati troppo presto.