Vi siete mai chiesti da dove arrivassero gli anime? Adesso mi prenderete per pazza e mi direte: ovviamente dal Giappone. Eh si, vengono dal Giappone, ma qual è l’origine dell’arte e anche del loro nome. Partiamo con il nome, che in quanto a spiegazione è più breve e soprattutto è fondamentale per poi capire il resto.
Anime deriva da una traslazione inglese, nello specifico Animation. Tale parola è stata traslata fino ad ottenere la parola Animēshon. Con questo termine, però, non viene inclusa l’animazione come la intendiamo noi. Nel termine anime venivano raccolte tutte le tipologie di animazione presenti all’epoca.
Inizialmente questi filmati “animati” venivano chiamati in due modi per distinguerne la provenienza:
- manga eiga (漫画 映画): ossia quelli i cui disegni erano tratti da un manga
- dōga eiga (動画 映画): ossia le storie nate proprio come film d’animazione, senza altre origini.
La nascita degli anime
Gli anime, come li conosciamo noi oggi, nascono nei primi anni del Novecento. In quel periodo, in Giappone, arrivano dall’occidente i primi film d’animazione. Grazie ad autori come Seitaro Kitayama, Oten Shimokawa e Jun’ichi Kōchi, si è iniziata a sperimentare quest’arte dell’animare. Le prime sperimentazioni hanno inizio nel 1914 e consistono sostanzialmente nel filmare delle vignette disegnate su delle lavagne con dei gessetti.
Se vogliamo però parlare di animazioni in senso stretto, possiamo dire che la vera e propria arte dell’animazione ha le sue origini intorno al 1870, al termine del Periodo Edo, con le rappresentazioni dei movimenti delle tradizionali danze giapponesi. Queste venivano rappresentate con l’utsushie (写し絵), l’antenato del nostro proiettore con diapositive.
Ma ritorniamo al Novecento. Tre anni dopo le prime sperimentazioni, escono i primi film d’animazione che da esse sono derivati. Questi vengono chiamati senga eiga o film a linee. I tre autori sopra citati sono stati i primi produttori di questi filmati animati, che sono stati resi pubblici rispettivamente in quest’ordine:
- Imokawa Mukuzo genkanban no maki di Oten Shimokawa;
- Saru to kani no kassen di Seitaro Kitayama;
- Hanawa hekonai meitō no maki di Jun’ichi Kōchi.
Dopo queste prove d’animazione, la svolta si ha nel 1927, svolta soprattutto con riguardo alla tecnica. A dominare la scena: Noburo Ofuji. L’innovazione pensata da Ofuji consiste nell’utilizzare la carta semitrasparente, chiamata chiyogami (千代紙), per disegnare i personaggi. In questo modo, i movimenti dei protagonisti vengono resi più fluidi ed viene conferita anche maggiore profondità alle immagini. Il tutto risulta così più realistico.
Arriva anche il comparto sonoro
Fino agli anni ’30, i film d’animazione giapponese sono un’insieme di ambientazioni e personaggi che mettono in scena una determinata situazione senza l’utilizzo di parole: il cinema muto. Il primissimo film d’animazione ad avere la componente sonora è stato Chikara to onna no yononaka, prodotto da Kenzo Masaoka.
Arrivati a questo punto, l’animazione giapponese ha iniziato ad attirare su di sé molte attenzioni. Un esempio può essere dato dalla marina imperiale che decide di finanziare la produzione di filmati d’animazione atti a raccontare la storia degli eroi.
Tutto quanto detto finora, però, difficilmente può essere documentato, dal momento che la maggior parte del materiale in ambito cinematografico e non, è stata distrutta o censurata dall’impero e, quindi, perduta per sempre. Pochi sono i documenti giunti fino a noi: un esempio lo possiamo vedere qui sotto. Potete, infatti, vedere una piccola vignetta, parte di un filmato più grande, che al termine della rappresentazione è stata tagliata e venduta a spezzoni.
All’alba del secondo dopoguerra, si presenta un’altra novità. Iniziano a intravedersi i primi lungometraggi a colori. Il primo tra questi viene sviluppato anche in Giappone, arrivando fino a noi. Il titolo dell’opera è “La leggenda del serpente bianco”. Il film in questione è stato prodotto da quella che noi conosciamo come Toei Animation e che agli albori si chiamava Toei Dōga.
Cosa rese famosi gli anime giapponesi in tutto il mondo?
Inizialmente l’animazione fatica ad andare avanti, ma con il tempo riesce anche ad uscire dal Sol Levante e ad espandersi ovunque nel mondo. Il boom vero e proprio lo troviamo più o meno a metà degli anni ’60. Come hanno fatto però gli anime ad arrivare fino a noi oggi?
Analizzando a fondo la storia, vediamo che i motivi sono stati principalmente due:
- Un mercato di manga giapponesi nel pieno della sua attività e in continua espansione;
- L’arrivo della televisione, avvenuto appunto negli anni ’60.
Il primo personaggio arrivato su schermo è Astro Boy di Osamu Tezuka, protagonista di un totale di 193 episodi. Dagli anni ’60 ad oggi, il mercato dell’animazione giapponese non ha mai smesso di crescere.
Oggi qual è la situazione?
Al giorno d’oggi, gli anime giapponesi sono molto diffusi. Con il passare del tempo hanno subito dei cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la programmazione. All’alba del 2017 la programmazione anime viene suddivisa in quattro stagioni:
- invernale: da gennaio a marzo
- primaverile: da aprile a giugno
- estiva: da luglio a settembre
- autunnale: da ottobre a dicembre.
In ognuna di queste stagioni sono raggruppate moltissime serie anime, tra cui nuove serie e sequel di passate serie animate. Nell’ultimo periodo il mercato dell’animazione giapponese continua ad espandersi, insieme a quello cartaceo dei manga. Infatti, sono entrati a far parte di questo mondo anche mangaka cinesi, coreani e anche italiani.
La storia degli anime finisce qui, ma rimanete con noi perché a breve ritorneremo con un’analisi ed una comparazione approfondita dei generi di anime e manga. Anzi vi invito a leggere anche il nostro approfondito articolo sui manga!
Alla prossima!!