Presentata nel corso di una partecipatissima conferenza in quel di Lucca Comics 2016 e poi uscita l’anno successivo, Nomen Omen è il primo capitolo di una saga urban fantasy che, scritta da Marco Bucci e disegnata da Jacopo Camagni, ha riscosso un enorme successo in patria e non solo.
Nel giro di pochi anni infatti, la serie fortemente voluta da Panini, si è imposta all’attenzione del pubblico internazione raggiungendo mercati importanti come quello francese e statunitense, dove è stata pubblicata da una major come Image Comics.
Ne è risultato un piccolo culto alimentato da una schiera di appassionati sempre crescenti che hanno declinato le atmosfere della serie in esibizioni cosplay e in giochi di ruolo da tavola e non, sfruttando il terreno fertile dell’ambientazione creata dal duo italiano.
A distanza di due anni dal debutto di Arcadia, secondo arco narrativo della saga, Panini ha deciso di proporre in un unico cartonato, denominato per l’occasione Omnia (in luogo del più tipico Omnibus), tutta la prima parte delle avventure di Becky Kumar. Che andiamo subito a scoprire
Di magie e tecnologie
La storia di Nomen Omen comincia ben prima della nascita della sua protagonista: infatti conosciamo in anticipo le sue mamme che durante un viaggio in auto si imbattono in un incidente strano.
Quello che è ancora più strano è come si imbattano quasi subito in una ragazza incinta che, un attimo prima di morire, trasmette con una magia la sua gravidanza ad una delle ragazze.
Ovviamente la nascitura è la nostra protagonista Becky, una ragazza all’apparenza normale il cui unico difetto è soffrire di una forma abbastanza grave di acromatopsia, patologia della retina che non le consente di distinguere i colori.
Tuttavia la sua vita scorre abbastanza tranquilla, con la ragazza che gestisce addirittura un profilo Instagram (_nomen.omen_ realmente esistente) e con degli amici che le vogliono bene: tutto cambia quando Becky ha un incidente in cui muore il suo migliore amico.
Da quel momento in poi la ragazza ha strani incubi e visioni che culminano con un evento traumatico nel giorno del suo compleanno quando uno sconosciuto apparso dal nulla le strappa il cuore.
Dopo pochi minuti Becky si risveglia, lasciando pensare che possa trattarsi di un sogno, per quanto vivido ed inquietante.
Non è così e lo scopriremo poco dopo quando in piena Manhattan assisteremo ad uno scontro tra creature magiche, dissimulate sotto mentite spoglie di normali esseri umani, bambini e teenager.
In breve Becky scoprirà, e noi con lei, che al di là di quello che vediamo quotidianamente esiste un mondo fatto di magia in cui abitano tutti i personaggi delle leggende e della letteratura mondiale, che normalmente consideriamo essere semplici invenzioni frutto della fantasia di popoli antichi o scrittori che si sono succeduti nel tempo.
Da questo istante in poi il mondo di Becky, per come lei lo ha sempre conosciuto, è destinato a crollare: la ragazza scopre di essere una strega e la mancanza del cuore la condanna inesorabilmente a morte, nonostante sia la prima a resistere così a lungo senza.
Conosce Fer (Fear) Doirich, druido appartenente alla mitologia irlandese che la introduce alla presenza fi Lady Macbeth, l’unica in grado di spiegarle più o meno cosa sta succedendo.
Chi le ha strappato il cuore è Taranis, Re delle Banshee e della Corte di Manhattan che ha un solo obiettivo, ovvero ricostruire Arcadia. Nostalgico di un tempo remoto e di un paese che è scomparso, sostituito dalle città degli umani, questo strano personaggio si avvale di numerosi servi e collaboratori tra cui l’affascinante Medea e ha rubato il cuore di sette potenti streghe per un rituale che servirà a riportare in vita la sua mitica nazione.
Tra intrighi e tradimenti che si scatenano su entrambi i fronti, Becky si isola nel quartier generale di Lady Macbeth per imparare la magia, che le serve anche per salvare i suoi amici, ma il compito è arduo almeno finchè la giovane non capirà che può creare la sua magia sfruttando le sue conoscenze tecnologiche.
In un crescendo di avvenimenti, che porteranno all’effettiva mutazione di Manhattn in Arcadia si arriva allo scontro finale tra Becky e i suoi avversari: difficile in questo caso parlare di buoni o cattivi, come di un vero e proprio finale.
Infatti, volutamente, Nomen Omen termina con un climax che ci invita a proseguire la lettura su Arcadia con un finale in cui non ci sono vincitori né vinti: Becky riesce a salvarsi è vero, ma la morte tocca alcuni dei suoi affetti più cari e non riesce ad impedire il completamento del piano di Taranis. Il re dal canto suo, pur riportando indietro Arcadia non è in grado di sopraffare del tutto il mondo degli umani, ed è lui stesso condannato a soffrire in eterno senza morire.
Cosa succederà nel corso della guerra che ormai infuria tra le due fazioni non è al momento dato saperlo, ma sicuramente una Becky agguerrita cercherà di risolvere la situazione a proprio favore.
Segnali di Stile
Per quanto Nomen Omen venga indicata una delle serie che ha rivoluzionato il fumetto italiano, va analizzata in maniera approfondita e separata per quanto riguarda testi e disegni.
Per quanto nel complesso riuscito, il lavoro dello sceneggiatore Marco Bucci non è del tutto esente da critiche: avendo l’intera storia in unico volume ci rendiamo conto di come ci sia una prima parte lenta, che a tratti quasi ci invoglierebbe a lasciar perdere, a cui fa seguito una parte in cui l’azione la fa da padrone consentendo di accelerare il ritmo della storia e ovviamente della lettura.
Troppo spesso nei primi capitoli la storia sembra avvolgersi su sé stessa in una sorta di autocompiacimento per le idee messe in campo ed il rischio che il lettore si distragga e non si appassioni c’è, aumentato dalla grande mole di personaggi e comprimari messi sul piatto e di cui in un primo momento non sappiamo l’eventuale importanza per la saga.
Complessivamente, Bucci riesce a creare dei personaggi veri e ben riusciti: quasi nessuno dei protagonisti è definibile univocamente come “buono” o “cattivo”.
Tutti commettono errori, nel tentativo di raggiungere i loro obiettivi e tanto Becky quanto i suoi alleati o Taranis sono capaci di commettere azioni negative e misericordiose allo stesso tempo, come avviene ad ognuno di noi in contesti più normali.
Ben riuscita anche l’idea di unire tecnologia e magia in una sorta di terza via, resa splendidamente in maniera grafica da Jacopo Camagni, ormai un veterano del settore.
Complici le splendide colorazioni di Fabiola Ienne e Fabio Lucania, dal punto di vista visivo Nomen Omen è una sinestesia di fortissimo impatto sul lettore.
L’idea di avere un personaggio acromatopsico dà a Camagni la possibilità di concentrare tutta la sua arte in una serie di tavole in bianco e nero o con pochi accenni di colore, il cui il suo tratto emerge in maniera netta.
L’insieme tradisce complessivamente l’esperienza che l’autore ha maturato lavorando per la Marvel, ed in effetti a volte potremmo quasi dimenticarci cosa stiamo leggendo e pensare di essere alle prese con American Gods, restituendoci tavole che uniscono alla perfezione il realismo con cui viene realizzata Manhattan (riconoscibili a primo sguardo tutti i luoghi più famosi, compresa Midtown Comics) con le creature e situazioni fantastiche tipiche di Arcadia.