Chōdenji Machine Voltes V, noto al pubblico italiano col titolo di Vultus V (da leggere all’inglese, “five”), è un anime mecha di 40 episodi trasmesso dal 1977 al 1978. Alle sue spalle può vantare grandi nomi: la regia è di Tadao Nagahama (Tommy la stella dei Giants, Lady Oscar), tra gli sceneggiatori figura Masaki Tsuji (Astro Boy, Kimba il leone bianco, La principessa Zaffiro, Cyborg 009, L’uomo tigre, Devilman) e il produttore è Yoshiyuki Tomino, il celebre papà di Gundam.
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Il secondo capitolo di una trilogia
Nel 1977 il genere mecha godeva di un enorme successo. Solo cinque anni prima Gō Nagai aveva dato vita a Mazinger Z, il primo super robot nel vero senso del termine, costruito dagli umani per difendere il pianeta Terra e pilotato dall’interno. Lo stesso Nagai, insieme a Ken Ishikawa, aveva inventato con Getter Robo anche i mecha componibili, composti da più moduli che potevano combinarsi insieme per dar vita a una macchina ancora più potente.
Per qualche anno, le produzioni Toei dominarono la scena: ai già citati Mazinger Z e Getter Robo vanno aggiunti Great Mazinger, Grendizer (da noi meglio noto col titolo Goldrake), Jeeg, Getter Robo G e Gaiking. Ma presto anche altri studi si cimentarono nel genere dei super robot, e fra questi spiccò presto il celeberrimo studio Sunrise, che nel 1975 produsse Brave Raideen, un titolo innovativo sia per l’attenzione alla psicologia dei personaggi sia per l’inserimento di tematiche mitologiche e religiose (e tutto questo vent’anni prima del tanto osannato Evangelion!).
Il successo di Brave Raideen spinse Toei a collaborare con Sunrise per la realizzazione di nuovi anime mecha e da questo sodalizio nacque una vera e propria trilogia che, se da un lato riprendeva il filone dei super robot così come codificato da Nagai, dall’altro cercava di innovarne la formula, di rendere il genere più maturo e approfondito. Chōdenji Machine Combattler V, Chōdenji Machine Voltes V e Tōshō Daimos: questi i nomi dei tre anime accomunati dalla regia di Tadao Nagahama e da una grande attenzione alle componenti psicologiche, relazionali, persino romantiche della narrazione, tanto che si parla di Nagahama Roman Robo Shirīzu (“scuola romantico-robotica di Nagahama) per riferirsi alle tre opere.
Molte furono le innovazioni introdotte da Nagahama. Già altri anime mecha avevano cercato di portare in scena personaggi più complessi del classico eroe senza macchia e senza paura, e non erano mancati risvolti amorosi in alcune opere; ma non erano mai stati il centro della narrazione, come invece avviene in Combattler V, Voltes V e Daimos. Inoltre, prima di questi tre titoli nessun anime sui super robot aveva cercato di fornire un ritratto tridimensionale e realistico dei cattivi: l’antagonista era uno scienziato pazzo con la mania di conquistare il mondo, oppure un tiranno senza pietà.
Né si può dimenticare che furono proprio le opere di Nagahama a introdurre le celebri e lunghe sequenze di agganciamento dei moduli che componevano il robot, accompagnate da iconiche canzoni per enfatizzare ancor di più l’epicità della scena.
La trama e i personaggi di Voltes V
Voltes V riprende molti dei topoi e degli schemi narrativi degli anime mecha precedenti. La storia ruota attorno all’ennesima invasione aliena che minaccia il pianeta Terra, portata avanti dalla specie extraterrestre dei Boaziani, i quali, corna a parte, sono identici agli umani. A guidare gli invasori troviamo invece il principe Heinel, nipote dell’imperatore Zu Zambajil.
Unica speranza per i Terrestri è il Voltes V, un robottone composto da cinque moduli pilotati da altrettanti combattenti: l’energico e sanguigno Gō Ken’ichi, i suoi fratelli minori Daijirō e Hiyoshi, quest’ultimo genio della tecnologia, il belloccio carismatico Mine Ippei e la kunoichi Oka Megumi. I tre fratelli Gō sono anche figli dello scienziato creatore del Voltes V, Kentarō, che all’inizio della serie risulta scomparso ma riapparirà più avanti, assumendo una grande importanza per la risoluzione finale del conflitto.
In apparenza, ci sono tutti gli stereotipi del genere: gli alieni sono sanguinari conquistatori, la caratterizzazione dei piloti segue strade già viste, il robot eponimo della serie è stato costruito dal genitore di almeno alcuni dei protagonisti, e così via… ma puntata dopo puntata, Voltes V compie un lavoro di scavo psicologico su questi personaggi che non aveva precedenti nei super robot precedenti e che per molti versi anticipa quanto si vedrà in Gundam, Ideon, Dunbine, Votoms, Dougram e tanti altri titoli Sunrise del decennio successivo.
Il principe Heinel, per esempio, non è un conquistatore brutale e sanguinario. Ha un suo senso dell’onore, profondamente debitore dell’etica dei samurai, e un passato fatto di discriminazioni: la stessa conquista della Terra viene da lui vissuta come un mezzo per riscattarsi e dimostrare agli altri Boaziani quanto valga realmente.
Anche le dinamiche interpersonali che legano i cinque piloti del Voltes V o il già citato Heinel e i suoi fedelissimi sono al centro di molti episodi. Non manca nemmeno l’occasione per affrontare, seppur nel breve spazio di una singola puntata (la serie ha una struttura a episodi autoconclusivi, con uno scarso avanzamento della trama orizzontale se non verso la fine), temi piuttosto seri come le ricadute psicologiche della guerra sulla popolazione umana, le discriminazioni razziali, i campi di prigionia, le disuguaglianze sociali.
I mecha alla corte di Lady Oscar
Un’altra particolarità di Voltes V è il modo in cui viene rappresentata la società del pianeta Boazon. Pur trattandosi di alieni, i Boaziani sono molto lontani dall’immaginario comune della fantascienza: il loro vestiario, i loro modi, le loro architetture ricordano l’Europa dell’Ancient Régime, e in particolare la Francia pre-rivoluzionaria, sulla quale Nagahama sarebbe tornato poco dopo, nel 1979, dirigendo i primi episodi dell’adattamento animato di Lady Oscar. Troviamo quindi una piccola ma ricca e grassa aristocrazia che non fa altro che gozzovigliare, combattere e sfruttare il popolino, condannato alla povertà e alla miseria.
Di conseguenza, alla trama principale incentrata sulla difesa della Terra se ne affianca una seconda, dedicata alla lotta interna a Boazan, portata avanti da una resistenza piccola ma testarda che vuole porre fine alle disuguaglianze economiche, sociali e persino razziali, legate all’odio che i Boaziani dotati di corna covano nei confronti di quanti invece nascono senza corna.
Al mondo sette-ottocentesco rimanda anche la struttura stessa di Voltes V, per molti versi debitrice dei romanzi feuilleton: nei 40 episodi della serie si assiste infatti a continui colpi di scena, amori impossibili, eroici sacrifici, rivelazioni sull’identità o sulla paternità di questo o quel personaggio, agnizioni, fratelli che si ritrovano, e tanto altro. Tutto ciò, unito alla grande varietà di armi del Voltes V e al look dei mecha nemici, rende la visione dell’anime meno pesante rispetto ad altri prodotti coevi, che oggi mantengono un interesse più storico che artistico.
In definitiva, Voltes V è un titolo che non può mancare nella lista degli appassionati dei super robot e che ha risentito del passare dei decenni meno di altri titoli più blasonati. A patto di visionarlo in lingua originale, ovviamente, perché il doppiaggio italiano come spesso accadeva all’epoca consta di quattro doppiatori riciclati all’infinito, una recitazione spesso sopra le righe e l’immancabile anglicizzazione dei nomi dei personaggi.