Per celebrare l’inizio di Tokyo 2020, è in arrivo un ciclo di notizie dedicate agli spokon!
La pallavolo è uno sport molto praticato nel nostro Paese, ma ha sempre vissuto un complesso d’inferiorità nei confronti del calcio, vero sport nazionale. Una condizione dovuta anche alla carenza di strutture e di risultati delle nostre squadre di club e nazionali, che non sono mai riuscite ad attrarre il grande pubblico.
Una tendenza che ha cominciato ad invertirsi negli anni Novanta, con la generazione di fenomeni guidata da Giani, Lucchetta, Bernardi, Zorzi, che ha ottenuto risultati straordinari, con incontri dall’intensità paragonabile alla mitica semifinale calcistica Italia-Germania 4-3
Da quel momento il movimento ha cominciato a crescere, ottenendo buoni risultati anche in ambito olimpico, arrivando a podio soprattutto con la squadra maschile.
Negli ultimi anni è però la formazione femminile a salire agli onori della cronaca, grazie a una programmazione pluriennale e una struttura del campionato di serie A volta allo sviluppo dei nostri giovani talenti. Buona parte della nostra attuale nazionale proviene infatti dal Club Italia, formazione che raccoglie talenti di tutto il Paese, portati a Milano per costruire una sorta di “nazionale potenziale”, con giocatrici che possono trovare spazio in campionati di alto livello.
Le squadre femminili italiane dominano da diversi anni le competizioni internazionali, anche grazie a talenti del calibro di Francesca Piccinini, detentrice di 7 Champions League e, più di recente, di Paola Egonu, capace di vincere le ultime due Champions su due versanti opposti, a sottolineare quanto sia capace di spostare gli equilibri di una squadra.
In Giappone lo sport è praticato diffusamente, anche grazie alle buone performance a livello mondiale e olimpico delle squadre nazionali. I nipponici sono stati i primi a voler sfidare lo strapotere fisico dei giocatori più dotati fisicamente. In uno sport dove l’altezza costituisce un vantaggio, sono stati in grado di elaborare un gioco molto veloce, che potesse mettere in crisi gli atleti più massicci e quindi più lenti.
In attesa dell’inizio del torneo, sono disponibili qui le date delle partite delle nostre nazionali.
Come per tutti gli altri spokon, anche quelli dedicati alla pallavolo diventano un pretesto per diffondere valori e comportamenti rispettosi del prossimo, anche di chi si trova dall’altra parte della rete.
Vediamo una carrellata delle principali serie dedicate a questo sport, prodotte nel Paese del Sol Levante.
Mimì e le ragazze della pallavolo (Ashita e Attack)
Letteralmente “attacco verso il domani”, questo anime della durata di 23 episodi risale al 1977, l’era della prima esplosione dell’animazione giapponese. In Italia è arrivato nel 1982.
Le premesse della serie non sono delle migliori. Il club di pallavolo femminile del liceo Tachibana è stato appena sciolto a causa della morte di un’allieva, ma Mimì prova a rimetterlo in sesto con il suo entusiasmo. Nonostante le difficoltà, la ragazza riesce a mettere insieme una squadra, per poter così partecipare ai campionati scolastici.
Mimì e le ragazze della pallavolo non è così conosciuto e, per motivi anagrafici, non è realizzato con la qualità che potremmo aspettarci da un prodotto di punta, ma rimane una pietra miliare per il genere sportivo e soprattutto per la pallavolo.
In Giappone, come peraltro nel resto del mondo, la pallavolo era ritenuta uno sport prevalentemente femminile, mentre i maschietti potevano cimentarsi nelle arti marziali e nel baseball, vero e proprio sport nazionale oltreoceano.
Vediamo quindi queste liceali alle prese con mille problemi, superati i quali saranno in grado di diventare non solo uno dei club più forti della scuola, ma anche di puntare al successo ai campionati nazionali. Ovviamente, imparando importanti lezioni di vita lungo il loro percorso.
Curiosità: il primo anime che ha esplorato realmente lo sport della pallavolo è stato Attacker No. 1, del 1968, che capitalizzava il successo giapponese alle olimpiadi del 1964. In Italia la serie è arrivata col nome di Quella magnifica dozzina, per poi ricevere il nome di Mimì e la nazionale di pallavolo, di fatto generando un po’ di confusione nella coerenza narrativa tra queste opere e…
Mila e Shiro (Attacker You)
Le olimpiadi di Seul sono state il primo grande stimolo alla produzione di serie sportive. Tra quelle rientra ovviamente anche la pallavolo, per la quale è nata una vera e propria leggenda.
Attacker You!, anime del 1984, arrivato in Italia nel 1986 col titolo Mila e Shiro – Due cuori nella pallavolo, può contare su 52 episodi, con tanto di revival nel 2008, in occasione dei giochi di Pechino.
La trama segue le avventure di Yu, che in italiano diventa Mila perdendo il gioco di parole con il titolo, dopo il suo trasferimento a Tokyo, alla scuola Hikawa. La ragazza vive insieme a suo padre e il suo fratello minore, mentre della madre non si fa menzione, per quanto viene introdotto il sospetto che si tratti della commentatrice televisiva Kanako Tajima, con cui il padre aveva lavorato in qualità di cameraman in passato.
La passione per lo sport e la sua grande energia spingono Mila ad entrare nel club femminile di pallavolo, scontrandosi subito con i due punti critici della squadra. Il primo è Nami Hayase, inflessibile capitano della squadra, mentre il secondo è Daimon, un allenatore che impone metodi brutali, inaccettabili in qualunque contesto civile, tranne che in un liceo giapponese. Tecniche ispirate a quelle usate realmente in passato dalle formazioni più vittoriose in Giappone.
Nei momento di tranquillità riusciamo a intravedere Shiro, capitano della squadra maschile, per il quale si crea un piccolo triangolo amoroso che coinvolge anche Nami. Entrambe rimarranno deluse, in quanto il ragazzo preferirà impegnarsi a tempo pieno nello sport.
Al di là delle questioni di cuore, la serie procede di partita in partita, mostrando lo scopo principale di Mila: arrivare a competere in nazionale alle Olimpiadi di Seul, che si terranno da lì a pochi anni.
Pur essendo una serie molto vecchia, è tornata di recente in auge nel Paese natale grazie a una versione live action, che ripercorre le fatiche di Yu (Mila) nell’inserimento in squadra.
In Italia, forse per aumentare l’attrattività della serie e a causa dell’adattamento creativo, Mila è stata descritta come la cugina di Mimì, nonostante non esistano legami di sangue tra le due giocatrici.
Haikyu!!
Haikyuu (o Haikyu) è sicuramente la serie che ha rivoluzionato la visione della pallavolo e degli sport in generale nel mondo dell’animazione. Haruichi Furudate è riuscito a evolvere tutti gli stereotipi dello spokon attraverso una visione dall’interno, in quanto ex giocatore. In Haikyuu scompaiono i colpi segreti, gli allenamenti sovrumani, i drammi tra la vita e la morte. Rimane invece la gioia del gioco, accompagnata a volte da delusione e tristezza, sempre all’interno di un contesto di rispetto e sostegno reciproco, che riguarda anche il rapporto con gli avversari.
Haikyuu racconta le avventure del liceo Karasuno, che viene da un passato in cui il club maschile (altra particolarità) era riuscito a raggiungere risultati di rilievo, ma in questi anni si trova in una condizione non particolarmente fortunata, tra l’abbandono di un bravo allenatore e la presenza di pochi giocatori. L’arrivo di quelli che si possono definire i due protagonisti, Shoyo Hinata e Tobio Kageyama, riaccende le speranze del team, che partita dopo partita raffina tecnica e affiatamento, fino a conseguire risultati di alto livello.
Il manga di Haikyuu è terminato a luglio del 2020, mentre l’anime è ancora in corso. Valutando il materiale ancora disponibile, potremmo assistere ad altre due o tre stagioni, a seconda di come saranno divisi gli archi narrativi.
Una particolarità del manga di Furudate è proprio il fatto che sfugge alle normali logiche del mercato manga, dove, anche a causa della possibilità di adattamenti anime, è necessario creare strutture standardizzate che possono essere codificate e fruite dai lettori. Haikyuu rifugge queste dinamiche e crea archi narrativi di durata variabile, che seguono l’intensità dell’argomento trattato. Coraggiosa anche la scelta operata al termine dell’arco relativo al primo campionato nazionale, che mette in discussione tutto quello che è stato visto fino a quel momento.
Oltre alle quattro stagioni dell’anime, esistono anche due OAV collocati tra le stagioni tre e quattro, oltre a due film riassuntivi collocati dopo la prima stagione. Da non dimenticare, il grande numero di performance teatrali che seguono passo passo gli avvenimenti della serie.
Harukana Receive
Questo manga di Nyoijizai risale al 2015, approdato poi sugli schermi nel 2018 grazie allo studio C2C.
Haruka Ooozora è una studentessa del secondo anno, che si è trasferita ad Okinawa, famosa meta turistica giapponese. La ragazza è molto alta, proprio l’opposto di sua cugina, Kanata Higa, troppo bassa per giocare a beach volley.
Dopo un club scolastico maschile di pallavolo arriviamo quindi in spiaggia (i lettori di Haikyu apprezzeranno la transizione), con un gruppo di ragazze alle prese con problemi di fiducia e integrazione, in un gioco in cui è fondamentale giocare di squadra per ottenere risultati soddisfacenti.
I dodici episodi della serie hanno una qualità visiva molto alta, anche grazie al contesto della spiaggia, molto luminosa e ricca di spunti dai colori accesi.
Le due protagoniste nel corso della storia si trovano di fronte a diverse avversarie, dalle quali sarà possibile imparare qualcosa per poter competere al meglio nel beach volley. In poche settimane, la principiante Haruka e l’esperta Kanata dovranno essere in grado di prepararsi al meglio per il torneo giovanile, lasciando da parte ansia e preoccupazione.
2.43 Seiin Koukou Danshi Volley Bu
Questa serie anime del 2021 nasce da una serie di romanzi risalenti al 2015, con un manga realizzato nel 2018.
acclamato da molti, tra dubbi e speranze, come il nuovo Haikyuu, offre un punto di vista profondamente diverso. 2.43 si concentra sul dramma di Chika, che ha avuto disavventure nella sua scuola precedente ed è approdato in una prefettura di campagna.
L’anime risulta molto introspettivo, mentre lo sport va quasi in secondo piano. Diventa complicato parlare di uno spokon, perché mancano quasi tutti gli elementi che lo caratterizzano come tale.
O meglio, la scalata al successo, la presenza di un rivale/amico, gli scontri tra compagni per il raggiungimento dell’obiettivo sono presenti, ma non sembrano il fulcro della storia. Quella che manca è però la sensazione di trovarci sul campo di gioco, la dinamicità, la forza e l’energia giovanile.
Un intermezzo che abbassa il livello delle produzioni concorrenti. Il ruolo di portabandiera per la pallavolo rimane sempre e comunque nelle mani di Hinata e compagni.