Yoshiyuki Tomino non ha bisogno di presentazioni: nel corso di una carriera di oltre mezzo secolo ha ideato e diretto anime del calibro di Zambot 3, Daitarn 3, Mobile Suit Gundam, Aura Battler Dunbine… e Space Runaway Ideon, uno dei titoli meno noti dell’animazione robotica, quantomeno al pubblico occidentale.
Si tratta di un anime di 39 episodi andato in onda dal 1980 al 1981 su Fuji TV, creato e diretto proprio da Tomino e prodotto dal leggendario studio d’animazione Sunrise. Il character design è di Tomonori Kogawa, la direzione artistica di Mitsuki Nakamura e le musiche di Kōichi Sugiyama.
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Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
La storia di Ideon ha inizio nel 2300 nella galassia di Andromeda. Sul pianeta Solo un gruppo di astroarcheologi studia i resti di una misteriosa civiltà scomparsa, che ha lasciato dietro di sé tre giganteschi mezzi corazzati. Non si tratta di semplici macchine, ma dei componenti di un’arma umanoide ancora più grande, il misterioso Ideon.
Sul pianeta però giunge anche un’altra specie umanoide particolarmente bellicosa, il Buff Clan, anch’essa interessata a investigare la vera natura dell’Ideon. Ne nasce un conflitto nel corso del quale i terrestri per difendersi attivano l’Ideon: molti membri del gruppo di ricerca muoiono, ma i superstiti respingono l’attacco e si imbarcano sulla Nave Solo per intraprendere un disperato viaggio di ritorno sulla Terra.
Da qui hanno inizio le avventure dei nostri eroi, costretti a difendersi dai continui attacchi del Buff Clan ma anche a gestire il potere sempre più grande e sempre meno rassicurante dell’Ideon. Nel corso degli episodi si assiste alla maturazione dei protagonisti, in particolare del giovane protagonista Cosmo Yuki, alla nascita dell’amore tra il comandante della nave Jordan Bes e la principessa Karala del Buff Clan, e persino alcuni degli antagonisti, come l’ufficiale Gije, si riveleranno più interessanti del previsto.
Ma anche una volta raggiunti i territori controllati dai terrestri, le difficoltà della Nave Solo non diminuiscono, perché bisogna fare i conti anche con la diffidenza degli umani stessi, in linea con quella visione pessimistica della società e dell’umanità che permea molte delle opere di Tomino.
Il realismo di Tomino
Dal punto di vista narrativo, Space Runaway Ideon può sembrare la classica serie mecha degli anni ’80, basata com’è su episodi autoconclusivi, schemi narrativi ripetitivi, mostri della settimana e una buona dose di filler che poco aggiungono alla trama.
In realtà la serie ha molte frecce al suo arco, bisogna solo saperle riconoscere. Come già avveniva in Zambot 3 e in Gundam, Tomino vi ha voluto rappresentare tutta la brutalità della guerra: la lotta fra i terrestri e gli alieni del Buff Clan non ha nulla di eroico o di lodevole, porta solo sofferenze e non fa intravedere un bene superiore per cui combattere. Abbondano le morti di personaggi secondari e, da un certo punto in poi, anche degli stessi protagonisti: del resto, se Tomino era stato soprannominato “il macellaio”, un motivo ci sarà, no?
I personaggi sono rappresentati con un incredibile realismo, senza idealismi né forzate ricerche di simpatia a tutti i costi. Gli adulti, soprattutto i militari, sono prepotenti, sospettosi, asserviti alle gerarchie, talmente attaccati al concetto di onore da sacrificargli tutto e tutti (al punto che vi si potrebbe vedere persino una critica al militarismo esasperato che aveva condotto il Giappone agli orrori della seconda guerra mondiale e che la generazione di Tomino conosceva bene tramite i ricordi dei propri genitori). Gli stessi piloti dell’Ideon non sono figure positive ma ragazzini viziati, capricciosi, a tratti infantili, con tanti difetti amplificati dal fatto di trovarsi in prima linea in battaglia.
Solo i bambini mostrano purezza e genuinità, perché troppo piccoli per manifestare i difetti degli adolescenti e degli adulti, e non è un caso che siano proprio loro, nel finale, a rappresentare l’unica e autentica speranza di salvezza e di rinascita per le due specie in conflitto, gli umani e il Buff Clan.
In compenso, Space Runaway Ideon concede largo spazio alle donne. E’ vero che il genere mecha già da anni si era aperto a una maggiore partecipazione dell’elemento femminile, ma Ideon va ancora oltre, offrendo una carrellata di donzelle tutte forti e indipendenti, spesso in posizioni di comando, determinate a raggiungere i propri obiettivi o a proteggere le persone care tanto quanto i loro colleghi maschi, se non addirittura di più.
E non mancano le storie d’amore, che Tomino sviluppa ancora una volta senza inutili sentimentalismi da romanzetto rosa. Non si tratta di semplici abbellimenti alla trama principale o di escamotage per accalappiare un’altra fetta di pubblico, ma di relazione che hanno un’effettiva importanza nell’evoluzione dei personaggi e, almeno nel caso della storia d’amore tra Bes e Karala, nella risoluzione finale della trama.
L’Ideon, un mecha più divino che robotico
L’Ideon è uno dei mecha più brutti che esistano, un gigantesco umanoide color mattone che sembra essere stato disegnato da un mecha designer in un momento di noia. Eppure è anche uno dei più potenti perché, come emerge poco a poco nel corso della serie, la sua natura non è completamente meccanica.
L’energia che anima l’Ideon, il misterioso Ide, è frutto della tecnologia avanzatissima di una civiltà ormai scomparsa, ma sembra anche dotata di una volontà propria: Cosmo e i suoi amici non possono controllarla, al massimo servirsene, ma solo perché l’Ide sembra reagire particolarmente bene ai puri di cuore e ai più gi0vani. Per molti versi può ricordare la Forza di Star Wars, una forma di energia dalla volontà imperscrutabile che interviene nelle vicende umane e si fa usare da determinati prescelti.
In più, l’Ide non fa che crescere, tanto che negli ultimi episodi l’Ideon arriva a sviluppare capacità incredibili, che fino a quel momento nessuna serie mecha aveva portato sullo schermo: in un’occasione taglia in due un pianeta con una lama di luce, in un’altra genera un mini-buco nero. Non si tratta di esagerazioni fini a se stesse, perché l’Ideon assume i connotati di un vero e proprio dio, o comunque di un’entità molto al di fuori della portata umana: del resto il titolo giapponese dell’opera è Densetsu Kyojin Ideon, traducibile con “il leggendario gigante Ideon”.
Si è insomma ben oltre l’idea dell’arma bellica costruita interamente da menti umane; parallelismi si possono trovare al massimo con i mecha della Getter Saga di Ken Ishikawa, in cui pure c’è un’escalation sempre più “cosmica”, ma i veri eredi dell’Ideon arriveranno solo qualche anno dopo e saranno il Gunbuster, il Diebuster, le unità Eva, il RahXephon, l’Aquarion, il Gurren Lagann…
Dalla cancellazione a Ideon: Be Invoked e oltre
Purtroppo Space Runaway Ideon non conobbe un grande successo. Il piano iniziale era di produrre 43 episodi ma, come già successo con Gundam, lo scarso successo di pubblico spinse a ridurne il numero a 39, col risultato che il finale è molto frettoloso e aperto. Un destino simile a quello che anni più avanti sarebbe toccato a Neon Genesis Evangelion.
Eppure, proprio come succederà poi con Evangelion, Ideon era riuscito a conquistare uno zoccolo duro di fan che chiese a gran voce un finale più accettabile. Per questo la Sunrise e Tomino decisero di lavorare a due lungometraggi cinematografici che chiudessero la storia.
Entrambi furono proiettati nel 1982. Il primo, The Ideon: A Contact, è sostanzialmente un film riassuntivo dell’intera serie, con qualche scena inedita. Semmai fu il secondo lungometraggio, The Ideon: Be Invoked, a costituire l’effettivo finale che Tomino aveva in mente: sul grande schermo la resa dei conti tra l’Ideon, la Nave Solo e le forze del Buff Clan divenne uno scontro ancora più apocalittico di quanto mostrato nell’episodio 39, un’autentica distruzione e successiva ri-creazione dell’universo, con una forte componente escatologica e religiosa che per un anime robotico dell’epoca era inusuale.
Sulle prime Ideon ha esercitato un’influenza sul genere mecha decisamente minore rispetto a quella di Gundam, ma poi è arrivata la Gainax e opere come Gunbuster, Neon Genesis Evangelion e Tengen Toppa Gurren Lagann hanno attinto a piene mani dall’idea del robot quasi invincibile e dai connotati divini, che sviluppa una potenza sempre maggiore ed è coinvolto in scontri dalle proporzioni sempre più grandi. Certo, poi ognuno ha sviluppato una propria poetica, ma è indubbio che senza il brutto robottone color mattone che crea buchi neri e taglia in due i pianeti non avremmo mai avuto le unità Eva o il Gunbuster.