Al giorno d’oggi sempre di più i device stanno “scomparendo”, per lasciar posto a sistemi tecnologici che non si vedono, ma sono presenti e controllabili attraverso, per esempio, il comando vocale. Parliamo di Ambient Computing e tecnologia invisibile…
Le tecnologie, per assolvere pienamente al loro compito di supporto funzionale all’uomo, devono adottare strumenti di interazione efficienti ed efficaci.
Ambient Intelligence è un settore della ricerca scientifica in rapido sviluppo, di interesse multidisciplinare. Eredita molti aspetti delle aree affini all’informatica, ma non fa riferimento e non può essere confuso con una qualsiasi di esse. Parliamo invece di sistemi computazionali “disposti intorno a noi”, riferendoci ad un campo d’indagine che si occupa di innovazione tecnologica.
La sua applicazione trova un habitat idoneo in moltissimi campi della vita di tutti i giorni. In una ipotetica classificazione, considerando le potenziali realizzazioni pratiche e il relativo tempo di trasferimento in applicazioni reali, si possono individuare i seguenti campi operativi:
- conoscenza (educational, formazione, ambienti apprendimento, ecc.)
- lavoro
- casa
- salute ed assistenza (eHealth, eCare)
- trasporti e mobilità
- commercio e business
- tempo libero
- sicurezza.
Gli studi e le teorie
La sua nascita e la sua evoluzione ma anche, e soprattutto, tutto l’insieme di paradigmi innovativi nell’interpretazione di ciò che saranno le tecnologie del futuro, si possono far risalire agli studi e alle intuizioni di Mark Weiser (pioniere della disciplina), Donald Norman e Emile Aarts.
Ognuno degli autori indicati ha contribuito con la propria ricerca, fortemente specifica e peculiare, alla formulazione di una nuova idea di tecnologia, che trova in una enunciazione di E. Aarts nel 1999, una definizione ufficialmente riconosciuta e, conseguentemente, il conio del termine Ambient Intelligence, oggi identificativo del settore.
Mark Weiser, prematuramente scomparso nel 1999, affermava che «La tecnologia migliore è quella che scompare». Ma, soprattutto, per la sua progettazione e realizzazione si deve porre al centro dell’interesse l’utilizzatore finale di tale tecnologia, cioè l’uomo.
Le tecnologie permetteranno la realizzazione di un mondo senza cavi e senza strumentazione visibile (disappearing) ed invasiva. Un mondo dove tutti i dispositivi inclusi nell’ambiente (embedded) in cui viviamo comunichino tra di loro, senza soluzioni di continuità, in quanto interoperabili e compatibili.
Donald Norman, in seguito, ha affermato: «la tecnologia migliore è quella che non si vede, perché è tanto semplice da usare da diventare trasparente».
In molti casi la tecnologia potrà sparire completamente, in attesa di essere attivata per esempio, da un comando vocale, da una persona che entra in una stanza o da un cambiamento climatico.
Molto probabilmente tutti gli spazi che siamo abituati a frequentare saranno adibiti da sensori in grado di supportarci in caso di bisogno.
Si tratta quindi di una tecnologia invisibile, ma allo stesso tempo sempre presente, in grado di entrare in contatto con le persone in differenti momenti della giornata attraverso gli oggetti che vengono usati nella quotidianità.
Alcuni esempi
L’ambient computing è costituito da una moltitudine di dispositivi che forniscono diverse modalità di input/output. Essi sono utilizzabili in modo flessibile a seconda della situazione: ad esempio durante una corsa, una camminata, la guida ecc.
In altre parole, stiamo parlando di un sistema personalizzato e intelligente di dispositivi che diventano sempre più invisibil, pur essendo intorno a noi. Conoscono noi e le nostre abitudini… ci sono ma non si vedono!
Un esempio è Apple che tramite l’uso di iPhone riesce a controllare Apple Watch, Airpods e HomePod, evidenziando come tutti i dispositivi siano sempre di più interconnessi tra loro.
Ci sono due grandi categorie di prodotto che per primi stanno approcciando questo tipo di tecnologie, gli hearables e i dispositivi Home Kit.
Gli hearbles sono dispositivi che veicolano l’audio, ma che hanno anche delle funzioni smart. Ne esistono alcuni che permettono di monitorare l’attività sportiva o il sonno.
L’esempio più calzante è quello delle cuffie wireless create da Apple, le Airpods. Queste cuffie interagiscono con lo smartphone in modo automatico e permettono di ascoltare musica senza auricolari e cosa molto importante, interagiscono con Siri.
Per quanto riguarda gli Home Kit, si fa riferimento a tutti quei dispositivi che permettono di entrare in connessione in modo smart e di conseguenza velocizzano e semplificano alcune funzioni quotidiane.
I primi esempi di questi cambiamenti, appartengono a grandi aziende. Alcuni sono: Apple con HomePod, a Google con Google Home e Amazon con Amazon Echo.
Il denominatore comune di questi dispositivi, è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che permette di interagire con loro attraverso lo scambio vocale, in quanto non dotati di schermo.
L’aspetto che maggiormente colpisce, è che questi apparecchi riescono ad essere interconnessi con gli altri device presenti nella casa, e ne permettono il controllo totale.
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