Shutendoji è un manga di Gō Nagai pubblicato dal 5 settembre 1976 al 30 aprile 1978, poi trasposto nel 1989 in una serie di quattro OAV che ne riprendono il titolo. Il manga sotto molti versi è simile al precedente lavoro di Nagai, Davilman, per lo stile e la violenza della trama.
La trama
Tutto inizia quando una coppia in procinto di sposarsi, Ryuichiro e Kyoko, assiste sconcertata all’apparizione di un gigantesco oni (un orco, creatura della tradizione popolare giapponese) il quale ha in bocca niente meno che un neonato. All’inizio sono spaventati soprattutto quando il mostro parla nelle loro menti dicendogli che dovranno accudire il bimbo per i prossimi quindici anni, in attesa che un giorno torni a riprenderselo. Ma Kyoko, inaspettatamente, prende il piccolo e decide che sarà sua madre. Il tempo passa e il piccolo, battezzato dai due Jiro Shutendo (in onore della divinità Shutendoji), cresce dotato di un’intelligenza e di una forza fuori dal comune. Tutto sembra andare per il meglio finché ecco che Jiro, ormai liceale, inizia ad avere inquietanti incubi e a venire perseguitato da una setta di monaci assassini. Inizierà così la sua lotta contro il suo sé demoniaco, in un crescendo di terrore e sangue che rispecchia decisamente lo stile unico di Nagai.
Lo stile violento
Come in tutte le altre opere di Gō Nagai, anche in Shutendoji ritroviamo scene di violenza e sessualità messa a nudo, senza veli né censure. Partiamo semplicemente dal fatto che le ragazze sono disegnate nella loro nudità e nemmeno una professoressa di liceo si pone troppi problemi nel fumare quasi nuda, seno scoperto, sul davanzale della finestra, tanto che il suo collega, segretamente innamorato di lei, non ha alcun remore nel prendere un binocolo e osservarla di nascosto.
Stesso discorso per quanto riguarda l’assalto, di terribile realismo, ai danni di una studentessa, portata con l’inganno nella parte dismessa dell’edificio scolastico da uno dei membri di una banda di teppisti. Viene brutalmente assalita da tutti i ragazzi e lasciata nuda sul pavimento.
I disegni sono semplici ma talvolta spinti al grottesco, all’eccessivo, come si può vedere nel cambio di espressione dei vari personaggi quando l’emozione, negativa o positiva che sia, prende il sopravvento sulla loro razionalità: ne sono letteralmente travolti, inondati da una potenza che interrompe il pensiero logico e razionale. Nel caso di Shutendoji lo osserviamo sui visi dei membri della banda dei teppisti: sono talmente trasfigurati dal sentimento di rabbia e di frustrazione sessuale da rendere i lineamenti quasi irriconoscibili. Lo stesso tempo gli oni che incutono decisamente paura: alti e mostruosi emanano un’aurea di terrore che ricorda moltissimo Davilman, il cui protagonista Akira ricorda palesemente il nostro giovane protagonista, entrambi in lotta contro il loro destino, contro la loro natura di metà demone da una parte e metà oni dall’altra.
Conclusione
Go Nagai non è certo un mangaka che può piacere a tutti. Il suo stile senza pudore, violento e terrificante, dicerto non è adatto ai lettori più giovani, ma io stessa devo ammettere che è in grado di suscitare forti emozioni, così come è in grado di entrare nel lato più profondo, recognito e forse dimenticato della psiche dei personaggi dai lui stesso creati.
Bisogna di certo tenere conto dell’epoca a cui le sue opere risalgano: gli anni Settanta, il periodo del dopoguerra, durante il quale il popolo giapponese guardava al futuro con un occhio di riguardo, ancora scombussolato dalla guerra e nel Paese vigeva un clima si scontentezza per la situazione attuale.