Una fiaba agrodolce
Benvenuti al settimo appuntamento con la rubrica settimanale dedicata allo Studio Ghibli. Senza perdere troppo tempo, oggi vi andremo a parlare di Arrietty – Il mondo sotto il pavimento, adattamento della fortunata saga per ragazzi The Borrowers – Gli Sgraffignoli, di Mary Norton, da cui era stato precedentemente tratto un film ( I Rubacchiotti) assai trascurabile.
Circa 40 anni fa Miyazaki e Takahata scrissero l’adattamento di The Borrowers; molto tempo dopo lo scirttore s’è ricordato di quell’adattamento e ha raccomandato al produttore di leggere i libri di Mary Norton, insistendo perché se ne facesse un film. Da questa semplice e fulminante idea è nata Karigurashi no Arrietty, pellicola che in Giappone ha polverizzato tutti i record di incasso. In Italia è stato presentato fuori competizione al Festival Internazionale del Film di Roma il 4 Novembre 2010, all’interno della retrospettiva che il festival ha dedicato allo Studio Ghibli.
Trama:
Sotto il pavimento di una grande casa nella campagna di Tokyo, vive la quattordicenne Arrietty con la madre e il padre. Sono una famiglia di “rubacchiotti”, alti dieci centimetri, che prendono in prestito dagli umani tutto ciò che serve loro per sopravvivere ma in piccolissime quantità, in modo che nessuno se ne accorga e possa scoprire la loro esistenza. Arrietty, però, in una delle sue incursioni nel giardino della casa viene vista da Sho, un ragazzino umano di 12 anni che soggiorna lì, presso la zia, in attesa di una rischiosa operazione al cuore. Nonostante la cosa scateni il terrore nei genitori, che si preparano immediatamente a traslocare, Arrietty capisce di potersi fidare di Sho e tra i due nasce una breve ma importante amicizia.
L’arte del prendere in prestito
Arrietty prende spunto dal romanzo della Norton, inserendo delle tematiche che hanno reso celebri le opere dello Studio Ghibli in tutto il mondo. I temi della diversità, dell’amicizia, della natura madre e dell’armonia tra tutti i suoi esseri vibrano intensamente anche in questa storia carica d’atmosfere melanconiche e di quella magica rarefazione che aveva contraddistinto un piccolo gioiello di genere come Totoro. La presenza di Miyazaki (qui solo sceneggiatore) è evidente sulla pellicola, anche grazie al lavoro di scrittura compiuto dal maestro insieme a Keiko Niwa. I temi della solitudine: Sho ha genitori distanti non solo fisicamente, nonostante la grave malattia e dell’amicizia che rigenera e dona forza per superare le difficoltà della vita sono affrontati dalla pellicola con grazia e leggerezza, e portano ad un finale semplice e lineare, che commuove e rinfranca. Consueto anche il monito al rispetto della natura in tutti i suoi elementi, tanto che l’opera non si lascia sfuggire la possibilità di lanciare messaggi d’amore universale e di rispetto e attenzione per le diverse specie che popolano il pianeta. Ecco che l’improbabile amicizia tra Sho e Arrietty ci riporta alla mente l’amore tra la pesciolina rossa dalle sembianze antropomorfe e il piccolo Sosuke, protagonisti dell’ultimo film di Miyazaki, Ponyo sulla scogliera, rafforzando e riaggiornando i motivi principi di un cinema che cerca sempre di valorizzare l’incontro, l’empatia, l’alterità, la reciprocità, l’elogio della diversità.
“L’idea della storia sul prendere in prestito (riferito al sottrarre oggetti, tipico atteggiamento dei Rubachiotti) è intrigante e perfettamente attuale”, afferma il produttore, riportando l’idea che ispirò Miyazaki. “L’era del consumo di massa sta per concludersi, perché viviamo in una brutta crisi economica e la possibilità di prendere in prestito invece di comprare ciò che ci serve indica la direzione verso cui il mondo si sta avviando”.
Largo ai giovani
Miyazaki, che qui lancia alla regia il giovane debuttante Hiromasa Yonebayashi (
), non a caso è citato da John Lasseter e dagli altri registi della Pixar come un grande punto di riferimento. Nel suo cinema, le storie per bambini e per ragazzi sono sempre spiragli da cui entra in pieno la vita. In un contesto fiabesco, tra creature fantastiche e avventure mirabolanti, fa capolino la realtà in tutte le sue sfumature con la malattia, il dolore, la paura. Ma anche la bellezza, l’amicizia, la speranza.La mano cambia, il risultato no
Da notare la continuità che emerge dai prodotti dello Studio Ghibli a prescindere dai singoli autori, sia a livello di temi forti che soprattutto dal punto di vista qualitativo. Quella di Miyazaki e Isao Takahata, maestri dall’esperienza ormai pluridecennale, è una vera e propria factory in cui i giovani autori crescono all’ombra dei loro mentori, assorbendone la visione e rielaborandola con la propria sensibilità, mantenendo vivo il filo rosso di una vicenda artistica che dura ormai da quattro decenni. Qui, Yonebayashi adatta i temi portanti della poetica di Miyazaki (l’ecologismo, la simbiosi con la natura, il rispetto per le diversità) a un soggetto di cui si nota la matrice occidentale, sia nelle scelte scenografiche (l’interno della casa rimanda a certe fiabe nordiche) sia nella colonna sonora che riecheggia suggestioni celtiche, in cui il consueto contributo di Joe Hisaishi viene sostituito da quello, comunque notevole, della compositrice francese Cécil Corbel.
Il livello tecnico del film è come sempre altissimo, con colori pastello, un uso molto limitato del digitale e immagini che grondano poesia e meraviglia da ogni singolo fotogramma. Pur non raggiungendo l’intensità delle opere del maestro, quella peculiare visionarietà unita alla lucidità nel messaggio che ha vivificato i suoi migliori lavori, Arrietty – Il mondo sotto il pavimento rappresenta quindi un’opera preziosa, una prova promettente per uno degli autori destinati a raccogliere un’eredità pesante, che è più che mai necessario tenere in vita.
Vi aspettiamo la prossima settimana con un altro appuntamento della rubrica “Studio Ghinli” con tante altre curiosità da questo fantastico mondo del genio Miyazaki.
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