Oggi voglio parlarti di un giorno qualsiasi della mia infanzia, potevo avere all’incirca 8 anni, quando vidi su Odeon Tv una sigla che introduceva ad un nuovo anime. Da subito capii che quello sarebbe stato l’inizio di tutto, di una sviscerata passione per una serie che mai avevo avvertito sino ad allora: sto parlando de “I cavalieri dello zodiaco“.
All’epoca non mi ponevo tante domande del tipo: chi avesse scritto la serie, se esisteva un manga (che neanche ne conoscevo l’esistenza), quale autore avesse scritto la sceneggiatura del cartone. Insomma guardavo e basta, e più guardavo e più volevo rivederlo: scontri, combattimenti, duelli all’ultimo colpo, armature che dei semplici ragazzini indossavano e diventavano dei fantastici combattenti.
Pian piano poi sono stato introdotto al mondo degli anime e manga (sempre dall’indiscusso amico di una vita Raffaele), ed iniziai a mettere tutti i tasselli al posto giusto, così da aver ben chiari tanti aspetti che ora sono il mio pane quotidiano. Partiamo da principio, ossia con il titolo originale della serie (in questo articolo metterò ben in risalto tutti i punti che dell’adattamento italiano non mi vanno giù) che è “聖闘士星矢 Saint Seiya“.
Cenni storici al lavoro di Kurumada ed alla serie completa
L’anime alla base ha un manga, scritto da sensei Masami Kurumada, ed è stato prodotto da Toei Animation tra il 1986 ed il 1990 per un totale di 114 episodi. Inizialmente non si pensava all’enorme successo della serie, in quanto erano previsti solo 52 episodi; ma questi non ricoprivano tutti i capitoli presenti nel manga, e quindi furono portati a 114.
La serie originale del manga si divide in tre parti fondamentali: Le dodici case, Poseidone ed Hades. Nel mezzo tra la scalata alle case dello zodiaco e le profondità degli abissi, è stata creata dal regista della serie (sempre con il permesso e la supervisione di Kurumada) la saga di Asgard e del Dio Odino. Questo per dar tempo al maestro di portarsi avanti con il lavoro di scrittura sulla saga di Poseidone, e poter così trasportare in anime il secondo grande capitolo del manga.
Per quanto riguarda poi invece la saga di Hades, quest’ultima è stata solo di recente animata con un adattamento di 31 episodi tra il 2002 ed il 2008. In quest’ultima infatti si possono già notare delle sostanziali differenze d’animazione rispetto alla prima serie, senza mai snaturare però il lavoro dello scrittore.
Adattamento italiano e giusto “qualche differenza”!
Bene arriviamo al tasto dolente dell’intera serie, ossia l’adattamento italiano e le differenze che ci sono con l’originale. Innanzitutto partiamo dal titolo: in Giappone per ovvie ragione i titoli degli anime sono sempre quelli decisi dallo scrittore della serie, al massimo con qualche piccola licenza lasciata alla produzione. Saint Seiya è un esempio di rispetto a Kurumada, con fedeltà assoluta al titolo ed ai personaggi dell’anime stesso. In Italia il titolo purtroppo è stato “copiato” dal primo adattamento europeo della serie, che si è avuto in Francia con “Les Chevaliers du Zodiaque“, diventando quindi “I cavalieri dello zodiaco“.
Inoltre qui da noi c’è stata la decisione, o meglio diciamo l’esigenza, di cambiare i nomi della maggior parte dei cavalieri: in più di un’occasione facendolo coincidere con il nome della loro costellazione, altre volte nomi puramente di fantasia. Ne è un esempio Pegasus che in origine è Seiya cavaliere della costellazione di Pegasus, qui da noi è solo Pegasus. Poi un altro aspetto da sottolineare è l’eliminazione nel nostro paese di riferimenti ad altre religioni come il buddismo: Shaka (o Virgo) nell’adattamento italiano è l’uomo più vicino alla Dea Athena, mentre in realtà è “l’essere illuminato” più vicino a Dio (il Buddha).
Non potrei poi non parlare del doppiaggio italiano della serie, che diciamola tutta, è una figata pazzesca in tutto e per tutto. Con la squadra formata da Ivo De Palma e Co. la qualità è assicurata, ma anche qui ci sono delle cose un po’ esasperate a mio parere. Il clima imposto a tutta la serie è di stampo cavalleresco, a tratti epico, con un linguaggio dei nostri combattenti quasi aulico e divino: il direttore del doppiaggio Enrico Carabelli non ha mai nascosto il suo amore per la poesia, ed infatti ci sono riferimenti, durante i momenti topici di battaglie od avvenimenti, ai sonetti di Ugo Foscolo ed addirittura Dante. Quello nel video sotto ne è un esempio, che ricordo come fosse ieri.
Ma dove potevi vedere i Cavalieri dello zodiaco?
Passiamo ora alla distribuzione dell’anime, dapprima in patria e poi qui da noi. La prima puntata fu trasmessa su TV Asashi l’ 11 ottobre 1986, mentre il finale della serie andò in onda il primo aprile del 1989. In Italia il primo ciclo di 52 episodi debuttó il 26 marzo 1990 su Odeon Tv, poi la programmazione si spostò per il seguito su Italia 7, concludendosi l’ 11 aprile 1991.
Ad accompagnare la serie abbiamo poi le sigle, che sono la colonna portante dell’anime. Premetto che ho sempre preferito gli originali agli “obbrobbi” nostrani, che per anni ho dovuto ascoltare in Italia (in generale cantate da Cristina D’Avena, Giorgio Vanni, etc). Ed anche i Cavalieri non sono da meno, con Pegasus Fantasy (cantata dal gruppo Make-Up che copre i primi 72 episodi “Grande Tempio“); passando poi a Soldier Dream (cantata da Hironobu Kageyama, che copre le saghe di Asgard e Nettuno).
Per quanto riguarda gli episodi italiani abbiamo la prima sigla d’apertura “I Cavalieri dello Zodiaco“, scritta e cantata da Massimo Dorati per le prime 52 puntate; per le restanti 62 fu sostituita da “Il ritorno dei cavalieri dello zodiaco” scritta e cantata sempre dallo stesso autore. Ma niente a che vedere con la musicalità e ritmo presente nelle sigle giapponesi, che come puoi ascoltare, sono un’esplosione di suono tale che ti fanno venir voglia di ballare.
https://youtu.be/4UcpWAeMV1c
I premi vinti dall’anime
Al debutto, dopo appena pochi episodi trasmessi, l’anime vinse nel 1987 il prestigioso premio dell’Animage Anime Grand Prix. Poi nel 2006 grazie ad un sondaggio di Tv Asashi, l’anime si è posizionato al 25° posto come anime più apprezzato e popolare di tutti i tempi. Inoltre ci sono numerosi articoli dedicati all’anime, primo tra tutti quello scritto sulla rivista The Anime Encyclopedia: A Guide to Japanese Animation Since 1917.
Bibbia delle guide americane per gli anime giapponesi, in cui gli autori Jonathan Clements ed Helen McCarthy hanno dedicato un intero capitolo ai mitici Saint di Athena, lodando il lavoro di animazione sulle “magiche” tecniche della coppia Araki-Himeno, la splendida colonna sonora e le geniali invenzioni del regista che creava l’attesa nello spettatore, facendo terminare l’episodio sempre in un momento topico, tale da creare suspense per la puntata successiva.
Stupendo articolo! Grazie per queste perle
Grazie a te che lo hai letto ? queste sono soddisfazioni per me