Sono qui di nuovo per parlarti dell’ennesimo capolavoro anni ’80, che ha sfornato l’animazione giapponese ed ha segnato la mia infanzia. Sei pronto a sentire ribollire il sangue in te al grido “Ha-Ri-ken” della sigla? Bene mettiti comodo, inizia lo spettacolo.
Hurricane Polymar (破裏拳ポリマーHariken Porimā) è un’anime made in Japan del 1974, creato dalla mente di Tatsuo Yoshida, e distribuito dalla Tatsunoko Production dall’ottobre 1974 al marzo 1975, per un totale di 26 episodi. In Italia come spesso capita, l’anime è arrivato qualche anno più tardi nel 1979, trasmesso sulle (già note) TV locali italiane.
La storia ci parla di un ragazzo, all’apparenza il classico giovane impacciato e scansafatiche, Takeshi Onikawara. Quest’ultimo, figlio di un agente segreto dell’interpol, riceve in dono da uno scenziato (ucciso poi da una banda di criminali) il “polimet“.
Questi è un casco, che riveste il corpo di chi lo indossa, con degli speciali polimeri rendendolo pressoché indistruttibile e capace di trasformarsi in cinque diversi veicoli. C’è un però…Le trasformazioni durano 46 minuti ed 1 secondo, se si va oltre la persona che indossa il casco “muore“.
Takeshi quindi, in contrasto con ciò che gli dice il padre, segue un duro allenamento per poter così riuscire a “comandare” al meglio il polimet ed evitare morte certa. Le discussioni continue con il padre lo portano addirittura a cambiare cognome in Yoroi, ed inizia a collaborare con un investigatore privato Joe Kumura, che si fa chiamare “Sherlock Holmes Jr.”.
Il nostro giovane eroe con l’aiuto della segreteria di Kumura, la bella Teru ed un cane razza San Bernardo, di nome Barone, e grazie al polimet, riesce a risolvere qualsiasi caso venga lui sottoposto. Nasce cosi Hurricane Polimar (o Polymar seguendo la traduzione inglese).
I cinque volti di Takeshi o meglio Hurricane Polymar
Ti ho accennato prima dei cinque veicoli in cui Polimar riesce a trasformarsi, grazie all’uso del suo casco speciale. Passiamoli ora in rassegna, con una breve descrizione, semmai ti stia chiedendo (senza cercare altrove), come sono fatti.
- Lo sparviero: questa è la più classica delle trasformazioni di Takeshi, che librandonsi in aria ed allungando la testa, assume la forma di una navicella supersonica. Utilizzato principalmente per i combattimenti aerei.
- Il sottomarino: in questo caso la forma assunta dal casco, per diventare simile ad un sommergibile, è quella di unire le braccia alle gambe ed estenderle a tal punto da affusolarsi. Utilizzato per gli spostamenti sott’acqua.
- Punte rotanti: le gambe si trasformano in due trivelle, a rotazione contrapposta. Utilizzato come mezzo talpa e nei combattimenti contro i carri corazzati.
- Il carro armato: le gambe di Polimar si trasformano in un’unica ruota centrale, mentre le braccia tese all’indietro assumono la forma di due bilancieri con ruote ad entrambe le estremità. Somiglia molto ad un bulldozer da utilizzare contro uomini e macchine di piccola taglia.
- Polymar machine: la testa di Takeshi diventa l’abitacolo del “pilota“, utilizzato per gli spostamenti più veloci del nostro eroe.
Ma i nemici di Polymar chi sono? E la città qual’è?
I nemici di Polimar, intento sempre a preservare il bene e la giustizia, hanno sembianze umane ma con teste di animali. In ogni puntata i nostri “investigatori” sono sempre alle prese con bande di criminali, in procinto di compiere una rapina (o che l’hanno appena fatta). Dapprima c’è lo scontro con i nemici più “piccoli“, per poi affrontare i capi delle bande. Tutti i nemici indossano delle tute in tema “animale” ad esempio il topo, il ragno, la tartaruga, ect.
La città in cui è ambientato l’anime si chiama Washinkyo, nome di fantasia derivante dall’unione dei nomi di due vere città: Washington e Tokyo. Infatti Hurricane Polimar, se ci fai caso, ricalca molto i supereroi di quegli anni americani, soprattutto nel loro aspetto “caratteriale“. Takeshi infatti viene rappresentato come un fannullone, nonostante sia un coraggioso ragazzo esperto di arti marziali, un po’ come Clark Kent in Superman.
Polimar ha accompagnato tanti miei pomeriggi da ragazzino (e non solo), spesso mi ritrovavo a mettermi in posa credendo di potermi trasformare in questo fantastico supereroe. Presto però mi ritrovavo nella mia cameretta, con mia madre che mi chiamava perché era pronta la cena, e venivo nuovamente catapultato nella realtà; quelli sì che erano anime che ti rapivano completamente, che oggi ahimè non fanno più.