In questa serie di articoli commenteremo settimanalmente gli episodi di 2.43 Seiin Koukou Danshi Volley Bu in corso di trasmissione in Giappone.
Si parla della stagione in corso e degli episodi appena trasmessi, quindi tutto il contenuto è da considerarsi SPOILER per chi non fosse in pari con la serie e con gli ultimi episodi. Se ne sconsiglia quindi la lettura, a meno di essere particolarmente masochisti.
Dopo questo avviso, possiamo iniziare!
La fatica si fa sentire. La paura di veder cadere quel pallone è forte. Ma Chika non è da solo questa volta. Ha una squadra che lo sosterrà fino alla fine. Fino alla vittoria. E oltre.
La stella del Seiin è esausta, ma coach Ichijodani si prende il tempo di congratularsi con Subaru, il capitano del Fukuho. La sua carriera scolastica è finita, ma è evidente che il suo percorso in questo sport sarà ancora lungo, nonostante gli infortuni che pesano sulle sue ginocchia.
Si infrange così il sogno di Ochi. Subaru non potrà portarlo al campo centrale, durante la finale del campionato nazionale. La promessa è stata disattesa e non sarà mai più recuperabile.
E poi c’è l’allenatore, l’uomo che ha seguito un percorso lungo diversi anni, che ha portato Subaru a livelli altissimi.
I problemi della stella del Fukuho non sono finiti. Quel contrasto fortuito a rete, che apparentemente non aveva avuto conseguenze, sembra aver provocato un intenso dolore in una zona già fragile.
E’ probabilmente per questo motivo che quell’ultimo attacco è stato colpito più in basso, ad un’altezza alla quale Oda ha potuto arrivare con il suo muro.
Ma dopotutto una partita non è fatta da una singola azione. Il Seiin è riuscito a controllare una partita molto difficile ed è uscito vincitore.
Neanche il tempo di festeggiare ed è già tempo di pensare al prossimo passo, al prossimo avversario.
Il primo match non sarà particolarmente duro. La scuola superiore Shofu, della prefettura di Tokushima, è alla sua prima partecipazione ai campionati nazionali.
Come al solito però Chika è molto concreto. Il percorso sarà molto più complicato nei round successivi, con la possibilità di incontrare squadre fortissime, o addirittura i campioni in carica già alla terza fase.
Ogni giocatore sa che il percorso non sarà facile, ma non bisogna scoraggiarsi. E’ importante porsi degli obiettivi e lavorare per raggiungerli. Per non avere rimpianti.
Obiettivi normali, come la possibilità di proseguire la propria carriera sportiva dopo le superiori. Obiettivi un po’ più ambiziosi, come arrivare a giocare contro atleti provenienti da tutto il mondo, grazie a una convocazione in nazionale.
Termina così questa avventura, con una nota di ottimismo e speranza, un invito a non mollare mai.
Una serie che raccoglie un’eredità importante in un campo decisamente poco affollato, ma con alternative che hanno fatto la storia. Mimì, Mila e Hinata sono personaggi che si sono ritagliati un posto speciale nel mondo delle serie sportive, e in particolare sulla pallavolo. Le prime per semplice mancanza di concorrenza, il terzo per lo stile innovativo di disegno e narrazione.
2.43 in realtà ha uno stile molto più introspettivo e meno immerso nello sport, che diventa quasi una scusa per contestualizzare i drammi che si susseguono nel corso degli episodi. Un metodo che probabilmente ha funzionato in patria, ma che all’estero può risultare un po’ più ostico.
La serie non parla quasi mai di quello di cui ci si aspetterebbe da uno spokon e questo comporta conseguenze positive e negative. Da un lato puntare meno al realismo ha sollevato la visione dalla ricerca di pregi a difetti, di mosse esagerate e lunghe spiegazioni su come funzioni il gioco della pallavolo.
Il rovescio della medaglia rimane però una mossa che va in controtendenza rispetto alle scelte degli ultimi anni. Gli anime sportivi hanno cominciato a raccontare in modo sempre più intenso quello che succede in campo, dandoci al contempo modo di empatizzare con i personaggi, sulla base di quanto costruito, in uno stile simile agli shonen incentrati sul combattimento.
2.43 prende uno sport abbastanza di nicchia come la pallavolo, ci ambienta i drammi personali di un adolescente, senza mai approfondire nessuna delle due cose. Non si tratta di una vera delusione, perché complessivamente è ben realizzato, ma sembra sempre che gli manchi qualcosa.